Affido o “stepchild adoption” cosa cambia nelle famiglie se passa la riforma Cirinnà

by GIOVANNA CASADIO, la Repubblica | 16 Gennaio 2016 9:10

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Una storia di vita. Sergio Lo Giudice è il partner di Michele, che ha avuto un bimbo in America grazie alla maternità surrogata. Per Lo Giudice il piccolo, che si chiama Luca e non ha ancora due anni, è semplicemente in base alla legge italiana oggi, un bambino con cui coabita. Niente altro. Raccontando le sue giornate, i timori, i doveri e diritti che non ha, Lo Giudice, che è senatore del Pd, spiega la sua battaglia per la stepchild adoption. L’adozione del figlio del partner è prevista all’articolo 5 del disegno di legge sulle unioni civili in discussione al Senato. Consentirà, se approvata, a Lo Giudice e alle migliaia di famiglie Arcobaleno italiane di ottenere la cosiddetta «adozione in casi particolari ». Non è una adozione piena, nel senso che il bimbo non entra nella famiglia del genitore adottivo, non avrà cioè formalmente rapporti di parentela con la famiglia di chi lo adotta. Ma soprattutto su ogni singolo caso si dovrà pronunciare il giudice del Tribunale dei minori.

Non è vero che la coppia gay andrà all’anagrafe e automaticamente si vedrà riconosciuta l’adozione speciale. Ma per i cattolici è comunque troppo. La “proposta contro” è l’affido rafforzato. È stata messa nero su bianco in un emendamento al testo sulle unioni civili (articolo 5-bis) che in otto punti spiega cosa significa. In breve. Il bimbo, figlio naturale del partner, sarà semplicemente in affido fino ai 18 anni. Non entra nell’asse ereditario, evidentemente. Si legge nell’emendamento: «Il genitore affidatario esercita tutti i poteri connessi con la responsabilità genitoriale». Quindi «ha le funzioni» del genitore. Per le associazioni gay è un pasticcio che discrimina i bambini, e li rende «precari». Una sorta di tutoraggio; una soluzione incerta perché se la coppia gay si rompe, uno dei due genitori non ha l’obbligo di mantenimento. È un affido, appunto. L’aggettivo rafforzato è relativo al fatto che non dura i 24 mesi previsti, e poi rinnovati sulla base della relazione degli assistenti sociali. «A compimento della maggiore età dell’affidato, il genitore affidatario può chiederne con il consenso dello stesso, l’adozione», si legge nella conclusione della proposta. Marco Gattuso, giudice di Bologna, promotore con il portale “articolo 29” dell’appello dei giuristi pro stepchild adoption (in tre settimane 535 firme), ritiene che si tratti di una strada che dà «un contentino agli adulti dimenticando i diritti del bambino». Aggiunge che la stepchild è stata riconosciuta come misura idonea a tutelare i diritti del bambino dal Tribunale per i minorenni di Roma, che con sei sentenze ha disposto l’adozione da parte della co-madre nella coppia di due donne. La Corte d’appello di Roma ha confermato e quella di Milano l’ha richiamata.

Stefano Lepri invece, senatore dem capofila dei cattolici sostenitori dell’affido rafforzato, ha preparato una scheda che ha fatto recapitare ai colleghi, nella quale spiega perché è meglio non avventurasi sul terreno dell’adozione. Prima di tutto, «non si legittimano le forzature utilizzate per procreare: si riconoscono al partner non genitore le funzioni genitoriali ma egli non diventa genitore legittimo. Così si disincentiva o almeno non si incentiva la maternità surrogata». Non solo. «Il minore continua ad avere dal punto di vista anagrafico un padre e una madre: da piccolo non rischia lo stigma e da adolescente può forse faticosamente ricostruire la sua identità biologica ».

La parola d’ordine di chi sostiene che al massimo si può introdurre l’affido rafforzato è: «Con la stepchild adoption si discriminano i bambini non volendo discriminare gli adulti». Dall’altro fronte rispondono in modo uguale e contrario: «Si discriminano sia i bambini che le coppie gay».

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