A Lesbo la profezia dei migranti

A Lesbo la profezia dei migranti

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Oggi Lesbo è una delle poche porte aperte che l’Europa oramai post-Schengen offre ai migranti. Le ex sinistre continentali annaspano nella rincorsa alle destre xenofobe in fuga verso il ritorno delle “piccole patrie” etnicamente pure. Ma, forse, se rileggiamo una vecchia storia che avvenne su questa stessa isola molto molto tempo fa, qualche risposta allo smarrimento delle sinistre europee possiamo ancora trovarla.

Proviamo a ricordarla: Orfeo rinnega la sua vicinanza a Dioniso e viene per questo punito dalle sue Menadi. Forse il mitico cantore tracio aveva deciso di allontanarsi dal dio dell’ebbrezza e dal suo corteo epidemico dopo la seconda morte dell’amata Euridice, strappata alle viscere dell’Ade dopo una impresa degna di un dio, per essere da esso sempre riingoiata, o forse perché proprio quelle donne invasate e sensuali gli ricordavano la sua perdita eterna. Il mito però su un punto è univoco: lo smembramento di Orfeo ad opera delle Menadi e il taglio della sua testa che, gettata in un fiume, discende lentamente verso il Mar Egeo sino ad un’isola dove viene raccolto dagli abitanti che lo seppelliranno pietosamente in una grotta. Nel punto dell’approdo verrà poi edificato un oracolo dedicata ad Apollo, il nume tutelare della mantica.

Quella di Orfeo, infatti, non è una semplice testa mozzata, un macabro reperto anatomico, ma un organo vivo che canta e produce oracoli: una testa mantica.

Ecco il senso del santuario che, nel tempi della guerra troiana, vede gli eroi dell’Ellade susseguirsi per domandare il loro destino di gloria o disonore, di vita o di morte, di vittoria o di sconfitta. Ma cosa ha potuto generare questo prodigio, com’è stato possibile che una testa mozzata diventasse in grado non solo di cantare ma di emettere oracoli?

Dobbiamo tornare alla sua storia, o per meglio dire al suo percorso lungo il fiume sino all’isola del mare Egeo. La testa di Orfeo, infatti, viene mozzata, e gettata nel fiume Evros, il corso d’acqua che allora attraversava la Tracia, la terra che si estendeva tra l’attuale Grecia e la parte europea della Turchia. In sostanza il fiume che ancora segna il confine tra le due nazioni, quello che i migranti provenienti da est devono attraversare e discendere per arrivare in Europa.

E allora cosa ci direbbe oggi la testa parlante di Orfeo, questa meraviglia che mai è stata ma che sempre sarà, come lo sono tutti i miti? Ci sussurrerebbe che la sua lingua era in grado di cantare perché aveva assorbito, nel suo percorso lungo le acque del fiume a cavallo di due mondi, non solo la saggezza delle tragedie passate, ma anche di quelle di oggi. La testa mantica ci direbbe che ha visto, con quegli occhi oramai chiusi sul mondo ma ben aperti sulle visioni, il futuro presente dei tanti corpi che avrebbero percorso il suo stesso cammino nella speranza di trovare infine la pace nella terra dove nacque la democrazia e che per prima chiamò Europa tutto ciò che si stendeva al nord dei suoi confini. Ma è forse per testimoniare al futuro che la testa mormorante di Orfeo, oramai impregnata da queste premonizioni, ha navigato ben oltre il fiume frontaliero, verso il mare Egeo e, spinta dalle onde, è arrivata esattamente a Lesbo, l’isola di Saffo ieri, ed oggi l’avamposto sul quale si frangono i barconi dei trafficati di esseri umani, il lembo di salvezza che i governanti europei vorrebbero trasformare in un immenso campo di concentramento.
Dov’è ora quella voce sotterranea che vaticinava la sorte degli eroi greci? Cosa continuerebbe a dirci se fossimo ancora in grado di interrogarla sul futuro?

Come tutti gli oracoli solo ciò che possiamo sentire se porgiamo orecchio alle voci che vengono, come quella di Orfeo, da un inferno che non è però sotto, ma tutto intorno a noi. Il suo oracolo direbbe che se vogliamo vivere ancora sulla terra che ha pensato la democrazia dobbiamo permettere ai quei corpi migranti di scorrere liberi come la sua testa, sino ad arrivare ad un approdo sicuro dove poter essere accolti e curati ed ascoltati come un tempo fu fatto con la sua voce, con il suo logos che è l’essenza di ogni essere umano. La testa mantica direbbe che dei suoi oracoli non c‘è più bisogno poiché ognuno dei migranti è una profezia vivente: saranno le loro storie di vita o di morte, di dignità o umiliazione, a dirci se il futuro del nostro continente sarà glorioso o cupo, se vinceremo la battaglia per la democrazia o soccomberemo al demone dell’esclusione. Ogni testa migrante è un mondo, ogni mondo è una testa vaticinante; è così che ogni giorno centinaia di profezie incarnate discendono l’antico fiume; ogni momento a Lesbo approda un oracolo che dovremmo ascoltare.

Ci predirà sventura se non lo cureremo e lo tratteremo come merita ogni vita, ci dirà che ogni canto di liberazione su questa terra spegne un po’ dell’inferno che ci siamo creati. Nei campi profughi, nelle tendopoli, sui confini spinati, lungo le linee di confine tra la vita e la morte, risuonano ancora le profezie della testa parlante di Orfeo.



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