by Antonio Sciotto, il manifesto | 26 Gennaio 2016 8:55
Giornata di passione, ieri a Genova, per gli operai dell’Ilva di Cornigliano. Con l’obiettivo di ottenere il rispetto dell’Accordo di programma e un incontro risolutivo con i rappresentanti del governo, i dipendenti del siderurgico hanno deciso di occupare lo stabilimento, e hanno manifestato in strada. La decisione ha diviso i sindacati: Fiom e Failms hanno deciso di dare seguito a quanto deciso dai lavoratori in mattinata, durante un’assemblea, per alzata di mano; Fim e Uilm, al contrario, hanno stigmatizzato la protesta, pur richiedendo a loro volta risposte dall’esecutivo.
Le tute blu dell’Ilva hanno occupato via Guido Rossa, poi si sono dirette verso il Terminal Spinelli: hanno bloccato il traffico, sono stati bruciati alcuni copertoni. L’impianto — hanno annunciato — verrà occupato giorno e notte finché il governo non assicurerà la presenza della ministra dello Sviluppo economico Federica Guidi o del suo collega al Lavoro, Giuliano Poletti, all’incontro convocato il 4 febbraio prossimo a Roma..
La Fiom nazionale ha rivendicato l’iniziativa, spiegando che l’attuale bando di vendita non soddisfa il requisito del pieno rispetto dei livelli occupazionali, contenuto nell’Accordo di programma del 2005: «Ci poniamo l’obiettivo, peraltro condiviso dalle Istituzioni locali — Regione, Comune e Provincia — di riaffermare la validità dell’accordo di programma come elemento di tutela dell’attuale livello occupazionale di Genova, che rischia di essere messo in discussione dal bando di vendita che non fa riferimento agli attuali livelli occupazionali — ha spiegato il segretario Rosario Rappa — Una necessità che deve valere sia per Genova che per Taranto e per tutti i siti del gruppo».
La Fiom nazionale «auspica e sollecita un’iniziativa unitaria di tutto il gruppo Ilva, sia per salvaguardare l’occupazione, diretta e di tutto l’indotto — che non può pagare il prezzo dell’operazione — che per rivendicare il mantenimento delle normative e dei livelli retributivi dei contratti di solidarietà in vigore prima del Jobs Act». I metalmeccanici Cgil ritengono «necessario e urgente un incontro presso la presidenza del Consiglio dei ministri».
«Ci vuole una vera convocazione per l’incontro a Roma, non una data su una mail», ha aggiunto il segretario della Fiom Bruno Manganaro. A testimonianza del fatto che chi occupa la fabbrica chiede una dimostrazione di vera attenzione per le richieste degli operai e il destino del sito. «È uno schiaffo alla città di Genova oltre che ai lavoratori dell’Ilva — ha concluso Manganaro — Il governo vuole superare lo scoglio del 10 febbraio senza intimorire i privati con l’accordo di programma di Cornigliano», master plan che appunto — contendendo l’impegno al mantenimento dei livelli occupazionali — potrebbe apparire come troppo oneroso per chi vorrebbe acquistare.
La Fim Cisl ha definito «prevaricazioni» le iniziative della Fiom: «Le prevaricazioni avvenute durante l’assemblea da parte degli scioperanti e delegati Fiom sono proseguite nel pomeriggio, con alcuni delegati delle tute blu Cgil che girando nei reparti dell’Ilva hanno intimato di abbandonare il posto di lavoro. Lo sciopero è un diritto fondamentale, le proteste sono legittime, ma non rispettare i lavoratori che non lo condividono è un fatto inaccettabile. Se a questo poi si associano anche le minacce e gli insulti nei confronti di chi si reca o si trovava già regolarmente sul posto di lavoro diventa un fatto gravissimo».
«La convocazione al ministero dello Sviluppo per il 4 febbraio, come già previsto, è arrivata ufficialmente questa mattina (ieri per chi legge, ndr) — prosegue la Fim — Tentare di occupare la fabbrica e dividere i lavoratori come fa la Fiom solamente col pretesto che il ministro non sarà presente al tavolo, ci appare assurdo e pretestuoso. Per noi la priorità resta il futuro del sito e l’occupazione di tutti i lavoratori di Cornigliano e dell’Ilva, per questo parteciperemo a tutti i tavoli istituzionali. Si deve trovare una soluzione che dia un futuro industriale e occupazione per tutti i lavoratori».
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