Le case dei migranti marchiate con porte rosse “È l’apartheid inglese”
LONDRA. Le porte rosse come la “lettera scarlatta” della letteratura, ovvero come marchio di infamia. Oppure, peggio ancora, come la stella di David gialla con cui i nazisti identificavano gli ebrei. È la terribile accusa sollevata da un’inchiesta del Times di Londra, secondo cui la società privata che si occupa per conto del governo di fornire accoglienza ai rifugiati, inclusi i migranti arrivati dalla Siria, li fa deliberatamente alloggiare in abitazioni con una porta rossa, affinché possano essere identificati facilmente dall’esterno. Con il risultato che i profughi subiscono abusi, molestie, violenze. La compagnia responsabile nega. Il ministero degli Interni tuttavia esprime profonda preoccupazione e ha aperto un’indagine. Intanto il quotidiano londinese titola in prima pagina: «Apartheid nelle strade della Gran Bretagna».
Di sicuro ieri non è stata una buona giornata per le autorità che devono far rispettare l’ordine in questo paese. I giornali hanno riportato un’altra notizia a dir poco raccapricciante. Un bambino musulmano di 10 anni, alunno di una scuola elementare del Lancashire, ha scritto per errore in un tema: «Vivo in una casa di terroristi». Invece di “terrorist house”, voleva scrivere “terraced house”, le case a schiera, tipiche del panorama urbano inglese. Lo sbaglio nell’ortografia gli è costato caro: gli insegnanti hanno chiamato la polizia, in conformità con la controversa legge anti-terrorismo introdotta nel 2015, gli agenti hanno interrogato il ragazzino, perquisito la sua abitazione e confiscato un computer, prima di accorgersi del malinteso. Il piccolo scolaro e la sua famiglia ne sono usciti traumatizzati. L’Associazione Musulmani Britannici parla di decine di casi del genere in tutto il paese e protesta contro lo stereotipo che vede in ogni musulmano un potenziale terrorista.
L’apparente politica “delle porte rosse” sembra l’altra faccia della stessa medaglia. Forse anche peggiore, perché in questo caso non ci sono paure di attentati a rendere l’atteggiamento dello stato, se non giustificabile, almeno in parte comprensibile. Le case di Middlesbrough e altre località in cui vengono alloggiati i rifugiati (molti dei quali sono musulmani come il bambino ingiustamente sospettato di terrorismo per un errore di spelling) appartengono a Stuart Monk, un costruttore con un patrimonio di 175 milioni di sterline, assoldato per l’occasione dalla G4s, azienda privata che fornisce sicurezza pubblica, a pagamento s’intende (e che fu già al centro di uno scandalo per non avere assunto abbastanza guardie per le Olimpiadi di Londra del 2012). Su 168 case di rifugiati controllate dal Times, 155 hanno un portoncino rosso. I migranti interpellati dal quotidiano raccontano di porte imbrattate con escrementi o simboli del National Front, un movimento di estrema destra, insulti e minacce. E un ex-deputato laburista paragona la porta rossa alla stella gialla fatta indossare agli ebrei dai nazisti.
Intanto, per affrontare l’emergenza migranti il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker chiede un prolungamento del vertice straordinario Ue di febbraio per approfondire il problema dei rifugiati. Mentre ieri la Macedonia ha chiuso la sua frontiera per i migranti provenienti dalla Grecia. Una misura temporanea, fa sapere Skopje, in attesa di risolvere problemi insorti sulla rete ferroviaria.
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