by Daniela Preziosi, il manifesto | 21 Gennaio 2016 9:31
Il governo ha la facoltà di avvalersi di consulenze tecniche: laddove decidesse di avvalersene il governo provvederà a rispondere celermente». C’è del vago nella spiegazione, troppo scarna, che ieri pomeriggio Maria Elena Boschi ha letto a Montecitorio durante il question time in risposta a un’interrogazione di Sinistra italiana sul ’caso Carrai’, l’imprenditore amico, di cui Renzi è anche testimone di nozze, a cui Palazzo Chigi avrebbe destinato un incarico per la cybersicurezza. Incarico che però a oggi non viene specificato.
Che ci sia dell’imbarazzo nel governo ieri nel Transatlantico ieri balzava all’occhio: il ministro Alfano, cui in origine era indirizzata l’interrogazione, arriva in aula dopo la discussione. Al suo posto Renzi invia quella che resta la più fidata dei suoi. E la prima cosa che la ministra dice è che «l’unica autorità politica preposta alla gestione di servizi sicurezza è Marco Minniti legato da un rapporto di piena stima e fiducia al presidenza del Consiglio». Una classica excusatio non petita, commenta poi Ciccio Ferrara (Si) autore dell’interrogazione e anche componente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza che di lì a un’ora si riunirà per una convocazione straordinaria sul tema. Le parole della ministra suonano come una rassicurazione a un nervosismo del sottosegretario.
Ma la ministra non risponde a tutte le domande di Ferrara. «Create un’agenzia ad hoc? Tale struttura sarà controllata dal Parlamento attraverso il Copasir o risponderà alla Presidenza del Consiglio? Sarà un’agenzia privata?», le attività,di cybersicurezza «non sono già svolte dai nostri servizi?» E ancora: «Intendete procedere con il criterio dei rapporti amicali anche sulle altre nomine in scadenza negli apparati militari e di sicurezza? Essendo Carrai proprietario di aziende private nella sicurezza cybernetica, venderà le sue attività?».
Boschi sorvola. Carrai, che però non nomina, potrebbe essere solo un consulente. «La legge di stabilità del 2016 ha previsto lo stanziamento di un fondo di ulteriori 150 milioni di euro per rafforzare la prevenzione nel campo della sicurezza informatica», ma senza «modifica del quadro normativo» e comunque per la ripartizione di queste risorse saranno «sentiti» Dis, Aise e Aisi, ovvero il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (ex Cesis), l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (ex Sismi) e l’Agenzia informazioni e sicurezza interna (ex Sisde), le tre strutture nate dalla riforma dei servizi del 2007. «Non è prevista alcuna forma di partecipazione di strutture private», dice la ministra. Forse, ma non lo dice, sarà resa operativa la task force per la cybersecurity approvata in fretta in furia da un governo Monti già dimissionario nel gennaio del 2013. Ma, appunto, ancora non si sa. «Le istituzioni non possono essere sequestrate da un circolo ristretto di amici. Alla faccia del conflitto di interessi», replica il capogruppo di Si Arturo Scotto.
Saranno le stesse obiezioni di buona parte del Copasir. Prima della riunione c’è un fuori programma, l’occupazione simbolica da parte di Gasparri e Brunetta: protestano perché, causa cambi di casacca, Forza Italia è fuori dalla commissione. La settimana prossima il Copasir sentirà il direttore del Dis Giampiero Massolo. Ma M5S vuole convocare Renzi. Per Alessandro Di Battista avanza «il progetto dittatoriale di cui Renzi e il suo Giglio magico sono protagonisti». Grillo lancia l’hastag #Triangolono, dedicandolo al trio Renzi, Carrai, Boschi. «La spudoratezza del governo è andata oltre la soglia di tolleranza. Basta con i favoritismi ai parenti e le nomine ai migliori amici». Anche Berlusconi tenta un ritorno alla battuta: «Visto che Renzi sta mettendo uomini suoi ovunque, dalla Guardia di finanza ai Servizi, sto pensando di scrivere sui manifesti elettorali ’Dio ti vede, Renzi no».
Ma il polverone rischia di confondere le acque sulle ragioni per le quali il premier ha deciso di assumere in un ruolo così delicato il ’suo’ uomo, nonostante i palesi conflitti di interesse. Al senato, dove è andato per raccogliere la gloria del voto sulla riforma costituzionale, Renzi ostenta indifferenza: «Su Carrai ha risposto la Boschi. Ma tanto ditemi una volta in cui noi rispondiamo e le polemiche si fermano».
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