COLONIA. «Che ipocrisia, denunciare l’aggressione delle donne proprio qui in Germania, dove le molestie sessuali non sono nemmeno un crimine, sono considerate una “bagattella”! È solo una chiara strumentalizzazione della destra per fermare l’apertura ai profughi ». Arja, militante del Coordinamento femminista di Colonia, ha portato al flashmob delle donne un cartello che esprime in maniera chiara il suo pensiero: «Sessisti e razzisti, sono str… ovunque».
La sinistra tedesca non ci sta, deve accorrere a sostenere la politica di sostegno ai rifugiati dell’alleata Angela Merkel, ma non rinuncia a sottolineare la sua identità. Sotto la stazione centrale di Colonia, al di là delle centinaia di poliziotti in assetto antisommossa, ci sono i dimostranti di Pegida. Da questa parte, invece, c’è la manifestazione della Germania solidale, quella che i confini li vorrebbe abbattere, non rinforzare. O così almeno la pensano i militanti della “Sinistra interventista di Brema”, che hanno uno striscione scritto in tedesco e in greco. Karl-Ludwig, operaio pensionato, confessa: «Ce l’avevamo già dall’ultimo corteo, quando si parlava di Grecia». Si legge: «Niente confini, niente nazioni, solidarietà con i fuggiaschi ». E accanto c’è la silhouette di un uomo con le cesoie, che taglia la corona di stelle dell’Unione europea. «Le aggressioni sono una realtà, nessuno può negarle. Ma non si possono criminalizzare tutti i nord-africani. Il sospetto è che la polizia sapesse quello che succedeva alla stazione. Che si stavano formando delle bande, che c’era pericolo. Non posso dire apertamente che la scelta di non intervenire sia stata intenzionale, ma forse l’idea di avviare un po’ di scandalo piaceva a una parte delle forze dell’ordine. Qui in Nord Reno- Westfalia l’atteggiamento di chi porta le stellette è sempre stato tollerante con l’estrema destra e repressivo con la sinistra».
Le bandiere rosse sono più numerose di quelle arcobaleno: Die Linke, partito comunista Dkp, Giovani socialisti, tutti sono riuniti attorno al camion con altoparlanti, in perfetto stile anni Settanta, dove si alternano a parlare le donne delle varie organizzazioni. I turchi del giornale socialista Kaldirac («Vuol dire rinascita», dicono) stanno accanto agli intellettuali di Attac, l’organizzazione che si batte contro i paradisi fiscali, i punk con la cresta di capelli gialla si affiancano alle studentesse come Masha, quindicenne appena arrivata da un paesino della provincia.Espone una spilla “Fck Pgda” accanti a quella con il pugno che infrange una svastica. «Pegida aizza l’odio contro le persone, usa i gesti sessisti come pretesto per alimentare un’ideologia di estrema destra».
Rispetto ai cortei di qualche decina d’anni fa, qualcosa è cambiato. C’è qualche nero, tedesco di seconda generazione, però non si vedono facce di magrebini. Forse non è il momento di farsi vedere in giro, in questa atmosfera. I cartelli dicono: «Fermate la violenza sulle donne, quale che sia il colore dei colpevoli». Ma forse per rassicurare non bastano.