Se si trivella la storia

Se si trivella la storia

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Licata No Triv. Domani manifestazione regionale nell’antichissima cittadina siciliana, contro il progetto Off Shore Ibleo nel Canale di Sicilia. Il comitato di Licata: “Diamo voce alla preoccupazione popolare sui rischi di inquinamento del mare, e per gli effetti negativi sull’economia dell’area, dal turismo alla pesca”. In pericolo i reperti archeologici custoditi dal mare, compresi i tesori della battaglia di Capo Ecnomo fra romani e cartaginesi.

LICATA (AG). Domani a Licata è organizzata una manifestazione regionale, per urlare il dissenso di un’isola intera contro le razzie territoriali, e offrire una vera e propria proposta politica che va oltre il semplice “no” alle operazioni di trivellazione, che comunque sono alla base della grande protesta di piazza.

In tutta la penisola, le trivellazioni di fatto sono inserite all’interno del piano sviluppo varato dal governo Renzi, il cosiddetto Sblocca Italia, mentre per la Sicilia la situazione è diversa. Le trivellazioni siciliane fanno parte di legiferazioni precedenti, legate al Decreto Sviluppo progettato nel 2012 dal governo Monti.
La specificità della situazione siciliana si complica ulteriormente se pensiamo al progetto dell’Off-Shore Ibleo, addirittura precedente al decreto montiano. Un procedimento all’interno di un’area che abbraccia – mortalmente — tutta la costa meridionale della Sicilia, dal Golfo di Gela fino al banco Graham, all’interno di uno spazio ricco di risorse e materie prime “idrocarburevoli”, almeno secondo le ricerche scientifiche finanziate dagli interessati allo sfruttamento.
In seguito al disastro del Golfo del Messico, nel 2010 l’allora ministra Prestigiacomo aveva studiato alcune restrizioni ambientali per le trivellazioni sotto costa, con una normativa che istituiva il divieto di ricerca, prospezione o coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi all’interno di aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, nonché all’esterno delle stesse, nelle zone marine poste entro dodici miglia dalle aree protette. La beffa stava nel fatto che nel provvedimento era specificato a chiare lettere: “Sono fatti salvi i procedimenti concessori in materia di idrocarburi off-shore già in corso alla data di entrata in vigore del cosiddetto correttivo ambientale”. L’Off Shore Ibleo è rimasto quindi a norma.
Per Licata, cittadina stretta tra Gela e Agrigento, l’effetto sarebbe drammatico. Il paese vanta una storia millenaria, dalle sue coste sono passati un po’ tutti, e da anni la Soprintendenza del mare e il gruppo archeologico Finziade organizzano ricerche per chiudere il cerchio sulla navigazione antica e sui riscontri di alcuni grandi eventi, come la prima Guerra Punica, andati in scena lungo questo pezzo di costa. Nel 2013 il gruppo archeologico locale e la Soprintendenza diretta da Sebastiano Tusa hanno iniziato a riportare alla luce piccoli gioielli di storia dal mare licatese. Gli ultimi recuperi risalgono allo scorso 18 ottobre, con il ritrovamento di un’ancora romana e una bizantina, in perfetto stato di conservazione.
Di fronte al concreto rischio delle trivellazioni del progetto Off-Shore Ibleo sui beni archeologici custoditi nel Canale di Sicilia, il soprintendente Tusa si è esposto pubblicamente, dicendosi contrario a queste opere. Sia per preservare gli innumerevoli relitti custoditi dal mare, sia, dal punto di vista ambientale, per salvare i banchi del Canale, autentico paradiso della biodiversità mondiale. I recuperi effettuati fino ad oggi sono solo una piccolissima parte di quello che questo pezzo di mare custodisce: basti pensare a uno dei più grandi conflitti marini avvenuti su queste sponde, la battaglia di Capo Ecnomo della prima Guerra Punica, con oltre settecento navi da entrambe le parti, e migliaia e migliaia di uomini.
La lotta del Comitato No Triv Licata, nato dopo la denuncia pubblica del soprintendente Tusa, va proprio in questa direzione; salvaguardare il paesaggio, i suoi beni storico-archeologici e l’intera collettività. Marco Castrogiovanni, attivista No Triv licatese, racconta quanto successo negli ultimi anni: “L’esperienza del Comitato di Licata è maturata nel contesto di una diffusa preoccupazione popolare rispetto ai possibili rischi di inquinamento del mare, e per gli effetti negativi indotti dalla presenza delle trivelle sull’economia dell’area, su turismo e pesca in particolare. Nello specifico, la realizzazione del progetto Off-Shore Ibleo avrebbe ripercussioni sulla nursery di alcune specie ittiche, e determinerebbe l’interdizione dei pescherecci dal passaggio in tutta l’area interessata dalle trivelle e dalle opere correlate. Questi solo alcuni degli elementi non presi in considerazione nella procedura di valutazione di impatto ambientale. L’obiettivo immediato è quello di giungere a una moratoria che impedisca l’inizio dei lavori, nell’attesa dei risultati di un eventuale referendum”.
Il comitato locale è presente anche nel coordinamento nazionale No Triv. All’interno di questo network le battaglie sono tante, perché soprattutto lo Sblocca Italia interessa buona parte della penisola. Al riguardo, la notizia dell’ormai famoso emendamento sull’articolo 6 comma 17 non ha arrestato la battaglia civile per salvare i territori. Augusto de Sanctis, attivista No Ombrina, sul punto osserva: “Con la modifica delle norme probabilmente si riuscirà a bloccare il principale progetto nel mare italiano, Ombrina Mare in Adriatico. Ma i petrolieri sono ancora forti, e le nuove leggi non bloccano i progetti oltre le 12 miglia. In terraferma poi le Regioni avranno più ruolo in capitolo, ma abbiamo già visto come in alcune di queste la politica locale si allea non con i cittadini e con l’ambiente, ma con i lobbisti. Bisogna fare rete, lavorare capillarmente dal basso, informare e studiare una lotta che vede un intero territorio sfidare il governo”.
Per Licata la manifestazione organizzata domani non sarà soltanto No Triv, ma abbraccerà anche le tante ferite di una cittadina del meridione d’Italia che deve fare i conti con la chiusura di una parte il presidio ospedaliero (il punto nascite), la crisi idrica, le quotidiane emergenze ambientali, la crisi del settore agricolo e, tanto per non farsi mancare niente, l’abbandono del patrimonio storico-archeologico, visto che il museo cittadino è chiuso per restauri. Da sette anni.



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