by Bia Sarasini, il manifesto | 8 Gennaio 2016 10:14
Sono un nodo difficile da districare, le violenze dell’ultimo dell’anno avvenute nella piazza tra la cattedrale e la stazione di Colonia. Un nodo, perché sono molti gli elementi che si impigliano gli uni negli altri. Prima di tutto i fatti. Di certo ci sono le denunce delle donne colpite, la loro angoscia, le lacrime, i racconti. Poi ci sono le anomalie. Ci sono voluti giorni perché vicende così clamorose diventassero pubbliche; la polizia, in epoca di terrorismo, ha lasciato così sguarnita una zona nota per la sua pericolosità.
E si moltiplicano le domande su chi siano in realtà gli assalitori, identificati per il loro aspetto straniero e la pelle scura; se si tratta di bande organizzate, e quali fossero le loro mire. Se i furti, le donne, oppure entrambi. Gli arresti per ora sono sei, la polizia non ha ancora proposto una ricostruzione esauriente. Ma si può partire anche dalle interpretazioni, dalla politica, dalle tesi che ai fatti si sovrappongono e ne rendono difficile la comprensione.
Una minaccia per le donne europee, attraverso di loro una forma della guerra dichiarata a tutti, questa è l’interpretazione prevalente, con toni più o meno accesi. In Italia si distingue come sempre Il Giornale: «Vogliono colpire le nostre donne», mentre compare l’immancabile accusa: «Perché le femministe italiane non parlano?».
Che la vicenda si intrecci con il milione di richiedenti asilo che quest’anno sono entrati in Germania è evidente. Come è evidente l’uso strumentale nella battaglia contro la cancelliera Merkel, sotto accusa da quando nel settembre scorso di fronte alla pressione sui confini dei profughi siriani disse: «Abbiamo la forza di fare quanto è necessario», e non pose limiti ai richiedenti asilo. Una scelta che rischia di penalizzarla nelle prossime elezioni.
Ma non si può ricondurre tutto a una questione di geopolitica, minimizzare fatti «disgustosi», come li ha definiti la stessa Angela Merkel. Ecco, io partirei proprio da questa definizione. In effetti le molestie sono disgustose. Uomini soli, ubriachi e, come dire, eccitati, che nella folla palpeggiano, toccano, irridono, oltre che rubare, fanno paura. Ma sono un fatto mai visto, non è mai successo?
Credo che il dovere della polizia sia di accertare se sia vera l’esistenza di un piano speciale, di un progetto organizzato di bande di giovani nordafricani, che in ogni caso poco hanno a che fare con i profughi appena arrivati. Accertarlo è necessario, sarebbe un fatto grave, sul quale per ora va sospeso il giudizio, di cui vanno analizzate bene le motivazioni, le finalità. E in attesa di dati certi non si può dire altro se non che è vero, le culture dei paesi di origine sono maschiliste, le donne che si muovono liberamente per strada, per di più di notte, sono perlomeno una stranezza fastidiosa se non una preda.
Ma non c’è stata una sottovalutazione, proprio di questo problema? E forse, ma mancano informazioni, non si è prestato subito ascolto alle denunce delle donne che hanno subito gli assalti?
Spazi illuminati, controllo discreto ma evidente delle zone dove ci sono gli assembramenti vistosi di giovani maschi, ascolto delle denunce di donne che si sentono insicure in alcune zone. La sicurezza delle donne, la libertà di muoversi senza paura è fatta di un insieme di misure, che sempre più le amministrazioni sono orientate a introdurre. Molto di più può fare il cambiamento di mentalità, la cultura, l’abitudine a vedere le donne muoversi liberamente, a non dare retta e a non avere paura degli uomini.
Anni fa, ai tempi del femminismo di piazza e di massa, su un autobus romano un uomo anziano disse a uno più giovane, che vistosamente stava molestando una ragazza: «Ma lassa perde, nun hai capito che nun hanno bisogno de noi, ormai». Non è per sdrammatizzare che racconto questo piccolo episodio, che mi sembra tuttora indicativo di come i cambiamenti entrano nella mente della gente per le vie più svariate. È che penso che si tratti un passaggio necessario, per chi arriva in un paese dove le donne godono di una libertà inaudita rispetto alle proprie abitudini. Un problema che va considerato in tutti i progetti di accoglienza, da trattare con la dovuta attenzione.
Ma l’arrivo dei profughi, dei migranti in Europa è proprio una minaccia epocale per le donne? Diversa dalla vita difficile che ciascuna si trova a condurre di solito, nelle strade e soprattutto nelle case, se si considerano le statistiche sulle donne maltrattate? Non comprendo come sia possibile pensare di separare le famiglie, far entrare le donne e i bambini, lasciare fuori gli uomini. Una cosa è ben nota, in qualunque contesto. Che sono gli uomini soli, separati dalle loro donne, dalle loro famiglie, a creare i maggiori problemi di ordine pubblico.
Certo, se entrano nei nostri paesi gruppi che perseguono lo stupro etnico, come è successo ai tempi della guerra in Bosnia, sarebbe un fatto di una gravità assoluta. Eppure, almeno alle notizie attuali, il paragone mi sembra del tutto spropositato. Un effetto dell’incontrollabile e pervasiva macchina della paura.
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