Licenziato all’americana, «è un attacco al sindacato »

Licenziato all’americana, «è un attacco al sindacato »

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Intervista. Il colosso della chimica LyondellBasell mostra i muscoli ai lavoratori e ai rappresentanti sindacali. Ed è allarme diritti. Parla Luca Fiorini, delegato Cgil, cacciato nel pieno della contrattazione: «Si vuole far passare l’idea che decidono tutto i dirigenti e tu non puoi dire la tua»

FERRARA. «Io ci vedo un attacco alle persone che lavorano e al sindacato: si vuole far passare l’idea che non puoi dire la tua, che decide tutto l’azienda, e che devi solo ringraziare perché ti pagano a fine mese. Con il sorriso stampato sulle labbra, sempre e comunque». Luca Fiorini è stato licenziato lunedì scorso dalla LyondellBasell, multinazionale della chimica, che a Ferrara ha un importante centro ricerca e produzione con 860 dipendenti.

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Di corporatura esile, parla senza mai alzare la voce, è venuto in bicicletta all’assemblea organizzata in sua difesa nella mensa accanto agli stabilimenti: un aspetto che stona rispetto alla motivazione addotta dalla Basell per metterlo fuori, «violenza sul posto di lavoro». Avrebbe spintonato un dirigente durante una trattativa. 52 anni, due figlie che studiano, da 28 anni Luca lavora per il colosso dei polimeri, ma è anche un pezzo della Cgil ferrarese. Delegato fin dall’assunzione, poi per otto anni segretario della Filctem, quando è tornato in fabbrica è stato l’Rsu eletto con più voti. Colpito lui, possono aver pensato, affondiamo tutti.

Come si è arrivati a licenziare un delegato nel pieno della contrattazione?

Dico innanzitutto che non ho mai visto un comportamento simile, neanche negli anni più cupi della crisi: e da segretario dei chimici ho dovuto gestire situazioni davvero complesse. Tra l’altro non si capisce come mai lo faccia un gruppo che nel mondo l’anno scorso ha fatturato 45 miliardi di dollari, 8 dei quali di guadagno. E che si vanta di essere quello che tra i suoi competitor – dalla Dow alla Basf – distribuisce più utili. L’unico modo in cui posso spiegarmelo è la volontà di applicare il modello nordamericano di azienda, d’altronde la Basell è in mano a fondi Usa: niente sindacato, decidono tutto i dirigenti, e interpretano loro stessi i tuoi bisogni. Tu devi solo ringraziare e sorridere.

Eppure dovreste avere una lunga consuetudine di contrattazione, anche di conoscenza personale con i manager. È cambiato il punto di vista delle aziende?

È cambiata l’idea stessa di contrattazione, chi e come si deve fare. Non si accetta più che il sindacato possa portare un punto di vista sulle scelte tecniche e organizzative di impresa, e che possa rappresentare i dipendenti. Io sono stato licenziato proprio mentre discutevamo, senza riuscire a metterci d’accordo, su una clausola di salvaguardia per gli esuberi: secondo noi il lavoratore deve poter accedere a tutte le posizioni aperte, pur di conservare il posto, mentre la Basell vuole conservarsi la possibilità di concedere o no il ricollocamento a sua discrezione, a seconda che pensi che il profilo dell’addetto in esubero c’entri o no con la nuova eventuale postazione. Proprio per dimostrare, muscolarmente, che il licenziamento deve essere libero, poche settimane prima hanno dato il benservito a due lavoratrici: la nostra protesta li ha obbligati a revocare la misura, e hanno dovuto trovare per loro un posto consono, mentre all’inizio avevano proposto un contratto a termine con una perdita netta di livello. È la dimostrazione che la nostra clausola è sensata, e che si può applicare: ma questa sconfitta deve aver bruciato nel momento in cui chiedevamo di metterla nero su bianco nell’integrativo.

Quindi avete litigato. C’è stata un’aggressione, come contesta l’azienda?

Non c’è stata nessuna aggressione, ma verrà dimostrato nelle sedi competenti. Eravamo da due giorni in trattativa, ci hanno dato degli «inaffidabili» e «irresponsabili», ci hanno accusato di voler far perdere tempo a loro e ai loro avvocati. Mentre noi cercavamo di far passare la clausola che può salvare dei posti di lavoro: a questo punto mi sono alzato, per rispondere che gli irresponsabili sono loro, se licenziano delle persone come hanno fatto con le due lavoratrici. C’è stato un contatto con uno dei capi, l’avrò toccato con una mano, ma lui ha alzato le mani come se lo stesse attaccando chissà chi. Ha la corporatura il doppio della mia, anche volendo non potrei mai fargli perdere l’equilibrio.

Con la Cgil avete deciso di fare causa.

Sì, rivoglio il mio posto di lavoro: sto in un team di ricerca che segue un impianto pilota. Devo tutelare il mio reddito e la mia famiglia, due figlie di 20 e 17 anni che voglio continuare a far studiare. Intendo difendere la mia storia, anche sindacale. Ovviamente faremo causa insieme alla Cgil, sapendo che la battaglia è anche politica, oltre che giudiziaria. Stiamo facendo di tutto per contrastare questo attacco alla libertà: le persone devono poter andare a lavorare serene, senza paura.



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