Le nuove partite Iva hanno più di cinquant’anni
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Le nuove partite Iva hanno i capelli grigi. Secondo l’Osservatorio sul lavoro autonomo del ministero dell’Economia, le partite Iva aperte da italiani tra i 51 e i 64 anni sono aumentate del 7,5% a ottobre 2015 rispetto allo stesso mese del 2014. Il tutto mentre le partite Iva «giovani» subivano una leggera flessione. Va rilevato che gli under 35 restano pur sempre il 48% delle nuove partite Iva. Ma tant’è: i cinquanta-sessantenni sembrano interessati a colmare il divario.
Esperti e debuttanti nello stesso tempo: chi sono queste nuove partite Iva nate negli anni 50? Mancando dati ufficiali, bisogna affidarsi alle osservazioni sul campo. «Dal nostro osservatorio le partite Iva over 50 sono certamente in aumento e appartengono soprattutto a due categorie — spiega Anna Soru, presidente di Acta, associazione dei lavoratori autonomi del terziario avanzato —. La prima: gente che ha perso il posto da dipendente, ha una buona professionalità ma fatica a ricollocarsi da lavoratore subordinato. La seconda: pensionati che si offrono per vari lavori di consulenza».
Quanto la quota dei pensionati sia ampia è difficile dire. Certo, qui si apre una questione delicata. «Con il nuovo regime dei minimi in vigore l’anno scorso i pensionati potevano cumulare una pensione fino a 30 mila euro con un fatturato da partita Iva che poi veniva tassato soltanto al 5% — fa notare Soru —. Questa situazione andrà avanti quest’anno con il nuovo regime forfettario. E senza nemmeno il limite precedente che riservava il trattamento di favore ai primi cinque anni di attività. Di fatto in questo modo si premia chi può già contare su una ricca pensione con il sistema retributivo. Pensione che nessun giovane potrà mai nemmeno sognare».
Da qui a recriminare rispetto al fatto che i pensionati con partita Iva «rubino» il posto a giovani il passo è breve. «È chiaro, l’idea “pensionato al lavoro uguale a giovane disoccupato” è tra le più immediate. Ma potrebbe essere sbagliata», fa riflettere Guido Carella, presidente di ManagerItalia, il sindacato dei dirigenti dei servizi. «Nella nostra categoria circa il 50% degli over 50 che perdono il posto si ricolloca con partita Iva. Conosciamo quindi il fenomeno. Ed è vero che tra le partite Iva ci sono anche molti pensionati. Ma se le aziende li scelgono spesso è perché non trovano professionalità simili tra i giovani».
La questione è di quelle che fanno discutere. Ma una certezza c’è: dopo la riforma Fornero delle pensioni, con partita Iva o senza, ai cinquantenni non resta che inventarsi un modo per restare al lavoro .
Rita Querzé
Esperti e debuttanti nello stesso tempo: chi sono queste nuove partite Iva nate negli anni 50? Mancando dati ufficiali, bisogna affidarsi alle osservazioni sul campo. «Dal nostro osservatorio le partite Iva over 50 sono certamente in aumento e appartengono soprattutto a due categorie — spiega Anna Soru, presidente di Acta, associazione dei lavoratori autonomi del terziario avanzato —. La prima: gente che ha perso il posto da dipendente, ha una buona professionalità ma fatica a ricollocarsi da lavoratore subordinato. La seconda: pensionati che si offrono per vari lavori di consulenza».
Quanto la quota dei pensionati sia ampia è difficile dire. Certo, qui si apre una questione delicata. «Con il nuovo regime dei minimi in vigore l’anno scorso i pensionati potevano cumulare una pensione fino a 30 mila euro con un fatturato da partita Iva che poi veniva tassato soltanto al 5% — fa notare Soru —. Questa situazione andrà avanti quest’anno con il nuovo regime forfettario. E senza nemmeno il limite precedente che riservava il trattamento di favore ai primi cinque anni di attività. Di fatto in questo modo si premia chi può già contare su una ricca pensione con il sistema retributivo. Pensione che nessun giovane potrà mai nemmeno sognare».
Da qui a recriminare rispetto al fatto che i pensionati con partita Iva «rubino» il posto a giovani il passo è breve. «È chiaro, l’idea “pensionato al lavoro uguale a giovane disoccupato” è tra le più immediate. Ma potrebbe essere sbagliata», fa riflettere Guido Carella, presidente di ManagerItalia, il sindacato dei dirigenti dei servizi. «Nella nostra categoria circa il 50% degli over 50 che perdono il posto si ricolloca con partita Iva. Conosciamo quindi il fenomeno. Ed è vero che tra le partite Iva ci sono anche molti pensionati. Ma se le aziende li scelgono spesso è perché non trovano professionalità simili tra i giovani».
La questione è di quelle che fanno discutere. Ma una certezza c’è: dopo la riforma Fornero delle pensioni, con partita Iva o senza, ai cinquantenni non resta che inventarsi un modo per restare al lavoro .
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