ROMA. Sono di più, ma ricevono di meno perché hanno una busta paga più bassa e qualche “buco” nella contribuzione. Le donne rappresentano la maggioranza fra i 16,3 milioni di pensionati italiani – il 52,9 per cento – ma alla fine dell’anno, in media, il loro assegno previdenziale vale 6 mila euro in meno rispetto a quello degli uomini. Godono della pensione più a lungo (30 per cento di pensionate ultraottantenni contro il 19 dei maschi), spesso sopravvivono al marito (9 pensioni al superstite su 10 sono loro), ma il fatto di aver interrotto la carriera per generare figli o curare anziani, disabili o malati le ha penalizzate quanto a reddito.
Quella di genere è una delle principali disparità previdenziali messe in luce dal rapporto Istat sulle condizioni di vita dei pensionati (dati 2014). Altre riguardano il territorio (il 47 percento dei pensionati risiede al Nord, il 30,8 nel Mezzogiorno) e il livello di istruzione (l’assegno di un laureato è più che doppio rispetto a quello di chi ha solo la licenza elementare). Ma il gap femminile – avvertono i sindacati – potrebbe aggravarsi nei prossimi anni per via della riforma Fornero. «Per effetto dell’equiparazione dell’età, nel 2016, per le dipendenti del privato scatterà un gradino di ben 22 mesi generando altre disparità fra le lavoratrici», spiega la Uil.
Il valore medio della pensione italiana, si sa, non è elevato. L’importo al netto è stimato a 1.140 euro mensili, ma la metà dei pensionati ne percepisce meno di 1.045. L’intera categoria (meno 134 mila persone rispetto al 2013) in questi giorni è arrabbiata perché l’Inps, che pochi mesi fa ha spostato al primo del mese il versamento degli importi, effettuerà gli accrediti bancari di gennaio solo oggi. L’istituto (che potenzierà la sua ricerca grazie a 248 mila euro raccolti ad hoc) ne aveva dato comunicazione il 24 dicembre, precisando l’eccezionalità del fatto, ma la notizia non era arrivata alla maggioranza degli interessati.
I ritardi nei versamenti, dicono i pensionati, mettono a repentaglio i bilanci delle famiglie che sull’assegno degli anziani fanno sempre più conto. Lo stesso rapporto Istat conferma che le pensioni sono ormai diventate un baluardo di fronte al rischio povertà che attanaglia le famiglie più deboli. Quelle con pensionati sono stimate in 12 milioni 400 mila. Per quasi i due terzi (63,2 per cento) i trasferimenti pensionistici rappresentano oltre il 75 per cento del loro reddito disponibile. Se da un lato il reddito netto medio delle famiglie con pensionati è di 28.480 euro, cioè di circa 2.000 euro inferiore a quello delle famiglie senza pensionati (pari a 30.400 euro), il fatto di avere un anziano con assegno abbassa il rischio che in casa si scivoli nella povertà e «mette al riparo da situazioni di forte disagio economico». Sempre secondo Istat, nel 2013, il rischio di povertà tra le famiglie con pensionati è stato valutato più basso di quello delle altre (16 per cento contro 22,1). Pochi soldi, ma sicuri, che rappresentano pur sempre una garanzia rispetto alla possibile perdita di un posto di lavoro.