Migranti, un bimbo la prima vittima
Print this article Font size -16+
La prima vittima del 2016 nel Mediterraneo è un bambino di due anni, annegato al largo di Agathonisi. Era partito dalla Siria con la mamma, s’era imbarcato sabato mattina dalla costa turca con 39 altri rifugiati. È stato sbalzato fuori dal gommone che si è schiantato sugli scogli aguzzi dell’isola. Un’agenzia scrive che si chiamava Khalid, ma non è confermato.
Quando il medico Giada Bellanca è riuscita a raggiungere i naufraghi, il piccolo era già morto, il corpo tratto a riva dalla polizia locale. E l’emergenza immediata era un’altra: «C’era un neonato in ipotermia, il volto blu, la pelle marmorizzata — racconta Bellanca — la madre piangeva disperatamente perché non sentiva più il battito. E neanche io lo sentivo, solo un respiro sottilissimo». Tenendo d’occhio gli altri rifugiati, molti bambini sanguinanti per l’impatto con le rocce, una donna anziana che dava l’impressione di cedere da un momento all’altro, la dottoressa ha asciugato il neonato, l’ha scaldato, l’ha rianimato finché non ha ripreso a palpitare «e anche io francamente ho potuto tirare il fiato». I feriti, provvisoriamente riparati in una baracca tra gli scogli, sono stati trasportati a Samos a bordo della nave accorsa per il salvataggio, la Responder del Moas (Migrant offshore aid station), che dal 22 dicembre incrocia questo tratto di Egeo. Anche il corpo del piccolo annegato è stato recuperato dai soccorritori, accompagnato dalla madre ventenne e da una sua cugina. «La donna era evidentemente in stato di choc — continua la dottoressa — non piangeva e non riusciva a parlare. Sulla nave si è poi addormentata».
Sono operazioni estreme e drammatiche, ma sono anche all’ordine del giorno. A fronte di un milione di arrivi attraverso il Mediterraneo nel 2015, si sono contati 3.771 morti o dispersi (fonte Unhcr): di questi oltre 700 erano bambini. Le onde con l’inverno si sono violentemente alzate. E le previsioni restano pessime. Eppure, raccontano dalla Responder , si registrano ancora quotidianamente fino a quattromila persone che sbarcano dalla Turchia alle isole greche.
Fondata nel 2013 dall’imprenditore americano di origine calabrese, Christopher Catrambone, assieme alla moglie Regina, l’ong Moas con base a Malta è specializzata nel soccorso in mare. Nell’Egeo le operazioni sono coordinate con la guardia costiera di Atene. Droni per monitorare i naufragi, una nave madre di 60 metri e due lance veloci per raggiungere rapidamente i punti di crisi. A bordo, il team medico della Cisom composto da due italiane: il medico Bellanca con l’infermiera Antonella La Licata.
La segnalazione del naufragio di sabato è arrivata al principio dai pescatori dell’isola di Agathonisi (o Gaidaro), rocciosa e semideserta: 130 abitanti, neanche un medico, solo un paio di volontari, è il posto peggiore sul quale pensare di approdare. Letteralmente «isola degli spilli», anche in condizioni di mare calmo risulta ostile. La nave del Moas nei prossimi giorni resterà in queste acque perché è proprio dalle coste turche davanti ad Agathonisi, a nord di Bodrum, base di scafisti, che si segnala un’intensificarsi delle partenze.
Alessandra Coppola
Quando il medico Giada Bellanca è riuscita a raggiungere i naufraghi, il piccolo era già morto, il corpo tratto a riva dalla polizia locale. E l’emergenza immediata era un’altra: «C’era un neonato in ipotermia, il volto blu, la pelle marmorizzata — racconta Bellanca — la madre piangeva disperatamente perché non sentiva più il battito. E neanche io lo sentivo, solo un respiro sottilissimo». Tenendo d’occhio gli altri rifugiati, molti bambini sanguinanti per l’impatto con le rocce, una donna anziana che dava l’impressione di cedere da un momento all’altro, la dottoressa ha asciugato il neonato, l’ha scaldato, l’ha rianimato finché non ha ripreso a palpitare «e anche io francamente ho potuto tirare il fiato». I feriti, provvisoriamente riparati in una baracca tra gli scogli, sono stati trasportati a Samos a bordo della nave accorsa per il salvataggio, la Responder del Moas (Migrant offshore aid station), che dal 22 dicembre incrocia questo tratto di Egeo. Anche il corpo del piccolo annegato è stato recuperato dai soccorritori, accompagnato dalla madre ventenne e da una sua cugina. «La donna era evidentemente in stato di choc — continua la dottoressa — non piangeva e non riusciva a parlare. Sulla nave si è poi addormentata».
Sono operazioni estreme e drammatiche, ma sono anche all’ordine del giorno. A fronte di un milione di arrivi attraverso il Mediterraneo nel 2015, si sono contati 3.771 morti o dispersi (fonte Unhcr): di questi oltre 700 erano bambini. Le onde con l’inverno si sono violentemente alzate. E le previsioni restano pessime. Eppure, raccontano dalla Responder , si registrano ancora quotidianamente fino a quattromila persone che sbarcano dalla Turchia alle isole greche.
Fondata nel 2013 dall’imprenditore americano di origine calabrese, Christopher Catrambone, assieme alla moglie Regina, l’ong Moas con base a Malta è specializzata nel soccorso in mare. Nell’Egeo le operazioni sono coordinate con la guardia costiera di Atene. Droni per monitorare i naufragi, una nave madre di 60 metri e due lance veloci per raggiungere rapidamente i punti di crisi. A bordo, il team medico della Cisom composto da due italiane: il medico Bellanca con l’infermiera Antonella La Licata.
La segnalazione del naufragio di sabato è arrivata al principio dai pescatori dell’isola di Agathonisi (o Gaidaro), rocciosa e semideserta: 130 abitanti, neanche un medico, solo un paio di volontari, è il posto peggiore sul quale pensare di approdare. Letteralmente «isola degli spilli», anche in condizioni di mare calmo risulta ostile. La nave del Moas nei prossimi giorni resterà in queste acque perché è proprio dalle coste turche davanti ad Agathonisi, a nord di Bodrum, base di scafisti, che si segnala un’intensificarsi delle partenze.
Alessandra Coppola
Tags assigned to this article:
Christopher Catrambonediritto d'asilo europeoEgeoFortezza EuropaFrontexGiada BellancahotspotMigrant offshore aid stationnaufragiquoteregolamento di Dublinorichiedenti asilorotta balcanicasbarchitrattato di SchengenUnhcrRelated Articles
Yemen, catastrofe umanitaria dopo sei anni di guerra
Tra l’inasprirsi della guerra, la più grave carestia degli ultimi decenni e l’esplosione del Covid il paese è allo stremo
Il sociologo Khosrokhavar: giovani tra banlieue e radicalismo
Intervista. L’analisi del sociologo Farhad Khosrokhavar, fra i massimi esperti di jihadismo europeo
Sahara Occidentale occupato. Sfida all’Onu, passa la linea di USA e Francia
Su pressioni di Usa e Francia, alleati del Marocco, il Consiglio di sicurezza proroga di 6 mesi la missione di pace ma non dice una parola sulle violazioni di Rabat e i diritti negati ai saharawi. Dura la reazione del Fronte Polisario
No comments
Write a comment
No Comments Yet!
You can be first to comment this post!