Stop alle armi, Obama va avanti da solo

Stop alle armi, Obama va avanti da solo

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In Texas entra in vigore la legge sull’open carry: pistole in bella vista. A Seattle scatta la tassa sugli acquisti
 NEW YORK. Mentre brindisi e fuochi d’artificio salutavano l’arrivo dell’anno nuovo in tutte le piazze d’America, un milione di irriducibili texani hanno festeggiato il ritorno ai tempi del Far West: da ieri, infatti, si è aperto un nuovo capitolo, ancor più buio e sconcertante, nel permissivismo sulle armi che ha sempre contraddistinto il più grande stato del Sud. In Texas, grazie a una nuova legge entrata in vigore con il 2016 che introduce “l’open carry”, chi ha la licenza, può girare d’ora in poi con il revolver in bella evidenza nella fondina. E può persino entrare armato fino ai denti nel palazzo del Parlamento a Austin, sottoponendosi a meno controlli dei visitatori senza pistole.
Di fronte a questa escalation della follia collettiva sulle armi, che si traduce nelle stragi ricorrenti, Barack Obama ha deciso di non rimanere più con le mani in mano in attesa di un’improbabile mossa da parte del Congresso, che ha dimostrato di essere ostaggio delle lobby. Il presidente, che ieri ha dedicato a questo tema il primo discorso radiofonico dell’anno, ha intenzione di imporre unilateralmente la settimana prossima, tornato dalla vacanza alle Hawaii assieme alla famiglia, regole più severe per la vendita delle armi. In particolare, dopo un colloquio col ministro della Giustizia Loretta Lynch, dovrebbe costringere i commercianti che hanno un maggiore smercio di armi a sottoporre gli acquirenti a controlli supplementari.
«Qualche mese fa», ha detto ieri Obama, «ho chiesto ai miei collaboratori di studiare i modo per ridurre la violenza legata alla diffusione delle armi». L’ipotesi è ora che la Casa Bianca ricorra a un “ordine esecutivo” by-passando il Congresso. Di qui l’attacco immediato della Nra (National rifle association), la lobby delle armi, e dei parlamentari finanziati dalle industrie del ramo: «È una violazione inaccettabile dei principi costituzionali», hanno tuonato. Aggiungendo il solito ritornello: «Da sole le pistole non uccidono nessuno. Sono i criminali a uccidere, e sono in grado di procurarsi le armi in barba a tutti i controlli ». La Nra continua anche a dire (con l’approvazione di Donald Trump) che la diffusione delle armi è un deterrente per le eventuali azioni di jihadisti.
Il Congresso continua a non fare nulla, mentre l’attentato di dicembre a San Bernardino, in California, ha dimostrato che la facilità di acquistare armi in modo legale aiuta i terroristi ispirati dall’Is a compiere le loro azioni da soli, senza aiuti esterni. Nel 2013, subito dopo i 26 morti (di cui 20 bambini) nella scuola di Newton, nel Connecticut, i parlamentari di Washington cercarono di inasprire i controlli sugli acquisti di armi, ma la misura non ottenne al Senato i 60 voti su 100 necessari per l’approvazione.
Obama, che considera quello delle armi uno dei grandi insuccessi della sua presidenza, ha deciso di farne una delle priorità per l’ultimo anno alla Casa Bianca, assieme alla chiusura di Guantanamo e alla riforma della giustizia. «Obama — spiegano i suoi collaboratori — ha intenzione dievitare a tutti i costi di scivolare nella irrilevanza politica, come spesso accade con i presidenti in via di uscita». Di qui il tentativo di forzare la mano sulle armi attraverso l’“ordine esecutivo”.
L’accelerazione della Casa Bianca ha il sostegno di personaggi come Gabrielle Giffords, l’ex-parlamentare californiana ferita gravemente in un attentato, e l’ex-sindaco di New York, Michael Bloomberg. Ci sono anche progressi a livello locale: a Seattle, nello stato di Washington, è scattata la nuova tassa sugli acquisti di armi da fuoco (25 dollari a pistola o fucile venduti, da 2 a 5 centesimi per ogni proiettile). Ma anche su questo provvedimento la lobby delle armi minaccia battaglia, come su tutta la svolta delineata da Obama.


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