Durante una conferenza stampa di ritorno dalla visita ufficiale in Arabia Saudita, alla domanda se un sistema presidenziale fosse possibile, mantenendo un modello unitario di Stato, Erdogan ha risposto: «Ci sono esempi in tutto il mondo. E ci sono anche esempi del passato. Quando guardate alla Germania di Hitler, lo vedete. E ci sono altri esempi in altri Paesi ». Per il leader turco, «quello che conta è che un sistema presidenziale non dia fastidio al popolo per come viene applicato. Se garantisci la giustizia, non ci saranno problemi perché la gente vuole e si aspetta giustizia». Le parole sono state riportate dall’agenzia di stampa Dogan, che fa capo a un gruppo editoriale critico con Erdogan il quale in passato lo ha sanzionato imponendogli tasse colossali, con una registrazione del botta e risposta.
Nel giro di un paio d’ore sono subito arrivate le smentite della Presidenza di Ankara, dopo che un funzionario aveva fatto informalmente sapere che le parole del Capo dello Stato erano state usate fuori contesto. «La metafora sulla “Germania di Hitler” — si leggeva in un comunicato — è stata distorta da alcune fonti e usata con un significato opposto ». Precisazione: «Se un sistema viene abusato può portare a una cattiva guida che si trasforma in un disastro come nella Germania di Hitler». La nota rilevava infine come il Presidente avesse dichiarato l’Olocausto, l’antisemitismo e l’islamofobia come crimini contro l’umanità.
Tuttavia la data scelta per l’incauto esempio è stata impropria per un uomo che ha fatto dell’oratoria una delle sue armi vincenti. Dal 1° gennaio 2016, infatti, Mein Kampf, la mia battaglia, opera simbolo del pensiero di Adolf Hitler, può essere ristampata in tutto il mondo. I diritti d’autore dell’unico libro scritto dal dittatore nazista fra il 1924 e il 1925 e che erano stati consegnati dagli Alleati al Land della Baviera, scadranno. Il manifesto del nazismo è da tempo diffuso in India e Brasile, come pure nei Paesi arabi e in Turchia, dove dal 2004 sono state vendute più di 30mila copie, proliferando in un ambiente in cui Lupi grigi e ultranazionalisti ricevono un largo consenso anche parlamentare.
L’obiettivo di Erdogan è quello di cambiare la Costituzione in modo da dare alla Presidenza — che detiene dal 2014 — poteri simili a quelli in Stati Uniti, Russia o Francia. Forte dell’ultimo voto, il Sultano fa intravedere la possibilità di indire un referendum, mentre il suo primo ministro, Ahmet Davutoglu, negozia con altri partiti la nuova Carta chiamata a sostituire quella scritta dai militari nel 1980. Il suo Partito per la Giustizia e lo Sviluppo non controlla i due terzi del Parlamento, necessari all’approvazione di una riforma costituzionale. Ma Erdogan è uno schiacciasassi e proseguirà sul suo cammino. Eppure, a dispetto delle smentite, la gaffe di ieri ingenera forti sospetti sul suo concetto di democrazia in salsa islamica.