Terrore a Tel Aviv spara sui clienti di un pub due morti e sette feriti
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GERUSALEMME. «Ho subito pensato al Bataclan, a Parigi», racconta visibilmente sconvolto dall’accaduto Alexander L., un turista francese che dal tavolino del caffè dov’era seduto ha assistito all’attacco al pub Simta, sulla Dizengoff Street, l’arteria giugulare di Tel Aviv. Gli avventori seduti fuori, nonostante una giornata non bella, sono stati falciati da una raffica di proiettili sparati da un giovane arabo-israeliano che ha estratto una mitraglietta dallo zaino e come in un tragico videogioco ha aperto il fuoco. Due morti e sette feriti per una strage che non ha ancora un movente chiaro per la polizia, mentre ha un esecutore certo. Lo ha riconosciuto il padre nei filmati delle telecamere di sorveglianza, mandati in onda dalle tv israeliane per tutto il pomeriggio, e l’ha denunciato alla polizia. E’ un arabo- israeliano di quasi 30 anni – il nome per ora è sottoposto a censura – residente nel nord del Paese, da poco in libertà dopo una condanna per aver tentato di strappare una pistola dalle mani di un soldato.
Lo scenario di questa strage la centralissima Dizengoff Street, con i suoi bar e ristoranti sempre affollati per il pranzo, qualche ora prima dell’inizio dello shabbat. Alcune delle migliaia di telecamere che “controllano” Tel Aviv offrono una presa diretta drammatica della strage. Si vede un giovane dell’età di circa trent’anni, con grandi occhiali e uno zaino sulle spalle che entra in un negozio di dolciumi, gira fra gli espositori prende qualcosa da uno dei banchi, è una busta di plastica che riempie di quelle che sembrano caramelle, poi la vuota. Si avvicina all’uscita e poggiando lo zainetto sui carrelli della spesa, estrae con calma una corta mitraglietta. Poi appena fuori dal negozio apre il fuoco a raffica sul marciapiede. I tavolini a fianco del Simta, dove fra l’altro si festeggiava un compleanno, sono stati investiti dai colpi. «Non sembrava che volesse colpire qualcuno in particolare», ha raccontato un testimone, il killer sparava sul mucchio. Cadono qui Alon Bakal, giovane laureato in Legge che gestiva il pub e Shimon Ruini, 30 anni, che era seduto in compagnia di amici. Altri sette avventori restano feriti.
Con una freddezza che ha colpito gli investigatori israeliani, il giovane ha poi rapidamente ricaricato l’arma e aperto nuovamente il fuoco. Nel caos di urla, grida d’aiuto, tavolini rovesciati e vetri infranti, è poi riuscito a fuggire. In pochi attimi sul posto sono arrivati agenti della polizia, dell’anti- terrorismo, esercito e forze speciali.
È partita una vasta caccia all’uomo per le strade adiacenti la Dizengoff, palazzine con giardini, vicoli stretti affollati di auto. I residenti della zona sono stati invitati dagli altoparlanti della polizia a restare nelle case. Perquisite case, automobili, mezzi in sosta, cantine e negozi. Ma senza esito, l’uomo è riuscito a far perdere le sue tracce. Investigatori e Shin Bet, la sicurezza interna, stavano valutando nel pomeriggio i vari scenari possibili per la sparatoria – a Tel Aviv ci sono diverse gang criminali che con- tendono alla mafia russa il controllo delle attività illecite – con in mano questi elementi: il caricatore dell’arma usata rimasto sul marciapiede, lo zainetto abbandonato sul carrello del negozio dove c’era una copia del Corano e le immagini delle telecamere di sicurezza. Alla loro diffusione sulle tv israeliane una famiglia di Arara, una cittadina nel nord di Israele, ha riconosciuto il figlio e ha avvertito la polizia. Il padre del killer lavora per un’agenzia di security privata. La tragica conferma che il killer era suo figlio l’ha avuta quando ha scoperto la scomparsa della sua arma di servizio, quella usata per la sparatoria sulla Dizengoff. Secondo gli investigatori, un parente del giovane fu ucciso anni fa dalla polizia israeliana. Una delle ipotesi resta quella di una vendetta privata ma la pista del terrorismo appare più concreta. Anche se secondo l’avvocato del killer «l’assalitore è una persona mentalente instabile e non un jihadista».
L’assalto, come sempre in questi mesi, è stato salutato con favore da Hamas a Gaza e da altri gruppi islamisti. Ma rivendicazioni dirette finora non ci sono state. Tel Aviv è invece precipitata in una cupa atmosfera. Gli abitanti del centro, sono stati tappati in casa mentre i reparti di polizia setacciavano le strade vicine alla ricerca dell’assassino. Nei luoghi di svago, sempre affollati nel pomeriggio del venerdì, si sono visti agenti in borghese armati e membri delle unità di èlite armi alla mano controllare i passanti. Il senso di insicurezza – che sta stravolgendo in questi ultimi mesi Israele per dell’Intifada dei coltelli, nella quale sono stati uccisi 22 israeliani e 120 palestinesi – è tornato a pervadere gli israeliani. Il sindaco di Tel Aviv Ron Huldai ieri sera ha dato “il cessato allarme” e invitato la gente uscire di casa per il tradizionale venerdì di festa. In pochi l’hanno ascoltato.
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