Tripoli: “Via al Trattato con l’Italia” Renzi: “Pronti a intervenire”
La Libia rimane centrale nell’agenda della politica estera italiana. Ieri Matteo Renzi ha invitato a Palazzo Chigi il premier libico designato Fayez Serraj: è stata la prima visita a un governo europeo di Serray. Dal 17 dicembre è il capo di un governo riconosciuto dall’Onu ma ancora inesistente sul terreno. Serraj al momento presiede un “Comitato di presidenza” di 9 membri che dovranno scegliere all’unanimità il vero e proprio governo che dovrà insediarsi a Tripoli. Renzi ha ripetuto che «la nuova Libia potrà contare sul sostegno dell’Italia per la riabilitazione dei servizi essenziali, la creazione di solide premesse per lo sviluppo economico e sociale nonché per la stabilizzazione del Paese».
Renzi nel comunicato finale fa scrivere che «l’Italia è pronta a rispondere con tempestività, e nel necessario quadro di legalità internazionale, alle eventuali richieste di assistenza che la Libia dovesse rivolgere », ovvero conferma come fa da mesi che è pronta a guidare una missione militare Onu per stabilizzare l’area della capitale e addestrare nuovo esercito e nuova polizia.
Dopo l’incontro, con un suo comunicato, il premier libico riapre però una questione che l’Italia potrebbe avere imbarazzo a gestire, quella del “Trattato di amicizia Italia-Libia” che fu firmato nel 2008 da Gheddafi e Berlusconi. Il patto prevede che l’Italia costruisca un’autostrada costiera in Libia in cambio di posizioni favo- revoli nel campo petrolifero. Serraj dice «stiamo lavorando per riavviare il Trattato di amicizia e cooperazione: il trattato aiuterà le nostre riforme economiche e il ritorno degli investimenti stranieri». Auspica poi che presto l’Italia riapra ambasciata e consolato a Tripoli: secondo fonti diplomatiche, già da alcuni giorni la Farnesina e i servizi di sicurezza hanno iniziato a valutare il momento giusto per riaprire l’ambasciata, soprattutto per aiutare il nuovo governo libico con una presenza diplomatica immediata a Tripoli.
Sul fronte iracheno il primo ministro Haider al Abadi ha salutato la riconquista della città sunnita di Ramadi dicendo che il 2016 «sarà l’anno della vittoria finale contro il Daesh: libereremo Mosul, e questo sarà il colpo decisivo e finale». Anche per il presidente francese Hollande la presa di Ramadi «è la più importante vittoria dall’inizio della lotta contro l’Is». Ma a Ramadi gli stessi americani ammettono che vi sono sacche di resistenza. Il segretario di Stato Kerry plaude alla vittoria dell’esercito iracheno, avvertendo che «anche se Ramadi non è ancora completamente al sicuro la bandiera dell’Iraq sventola e le forze nemiche hanno accusato una sconfitta ».
Una notizia dal fronte che contrasta l’Is arriva anche da archeologi e tecnici che ricostruiranno a New York e Londra l’antico arco del Tempio di Bel a Palmira, attaccato ad agosto dal Daesh. A Times Square e Trafalgar Square verranno installate due copie dell’arto prodotte con la più grande stampante 3D del mondo.
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