Riyadh risparmia al Qaeda e bombarda gli ospedali
Le bombe che l’Arabia saudita lancia sullo Yemen evitano accuratamente al Qaeda ma centrano in pieno gli ospedali. È successo mercoledì sera per la seconda volta in un mese e mezzo: Riyadh ha colpito la clinica mobile di Medici Senza Frontiere nel villaggio di al Khashabeh, vicino la città di Taiz. Nove feriti, due gravi. Lo staff è stato evacuato come successo il 27 ottobre: quella notte un bombardamento rase al suolo l’ospedale di Msf nel distretto di Haydan, nella provincia nord di Saada.
Secondo testimoni Riyadh ha usato l’odiosa tecnica del “doppio attacco”: un primo raid e un secondo a poca distanza, quando sono già in atto le operazioni di soccorso delle vittime. «Non c’è dubbio che la coalizione sapesse della presenza di Msf in quel luogo», ha detto il capo missione dell’organizzazione in Yemen, Jerome Alin, che ha aggiunto di aver comunicato più volte le coordinate della clinica all’aviazione saudita.
Una gravissima violazione, l’ennesima, che fa infuriare l’Onu: il segretario generale Ban Ki-moon ha condannato il raid contro «strutture e personale medico protetti dal diritto umanitario internazionale» e ha chiesto l’apertura di un’inchiesta. Le deboli parole delle Nazioni Unite servono a poco in un’operazione militare che la coalizione anti-Houthi guidata da Egitto e Golfo ha scatenato senza passare per il Palazzo di Vetro.
La legittimità gli viene fornita dal silenzio della comunità internazionale, a partire dall’alleato di ferro Usa, e dalla complicità diretta dell’Europa che continua imperterrita a vendere armi a Qatar, Emirati Arabi e Arabia saudita, usate per massacrare lo Yemen.
Si massacrano i civili e il movimento Houthi, colpevole di chiedere maggiore inclusione politica. Chi resta ai margini è al Qaeda nella Penisola Arabica, tanto libera da poter occupare altre due città a sud. Dopo aver assunto il controllo di interi quartieri ad Aden e buona parte della provincia di Hadramaut, martedì i qaedisti hanno preso le città di Zinjibar e Jaar, nella provincia di Abyan. Località strategiche perché lungo il corridoio che collega la città costiera di Aden ad Hadramaut.
Centinaia di miliziani del più temibile braccio di al Qaeda sono entrati nelle due città superando con facilità le difese poste dalle milizie locali pro-governative, hanno posto checkpoint agli ingressi e annunciato l’occupazione dai megafoni delle moschee. Ieri Jaar è caduta: la polizia locale, vicina al governo, ha ripreso il controllo della città. Ma il capoluogo di provincia, Zinjibar, resta in mano qaedista.
L’avanzata del gruppo è la diretta conseguenza dell’assenza dello Stato, ma anche dell’indifferenza dell’Arabia saudita che sfrutta a proprio favore le azioni qaediste: nella controffensiva su Aden i sauditi non hanno disdegnato il sostegno fornito da al Qaeda, che vede nel movimento Houthi un avversario tanto da ottenere l’appoggio di molte tribù sunnite meridionali.
Il governo ufficiale, guidato dal presidente Hadi e manovrato da Riyadh, è molto più interessato a distruggere gli Houthi e concentra le operazioni militari su Taiz, terza città yemenita e punto di collegamento tra la capitale Sana’a (a nord) e Aden (a sud). Per questo rifiuta regolarmente ogni tentativo di dialogo sponsorizzato dall’Onu: la minima concessione agli Houthi significherebbe perdere il controllo totale sullo Yemen e, per l’Arabia saudita, sul paese da cui supervisiona lo stretto di Bab al-Mandeb, via di transito del greggio diretto in Europa. Anche al Qaeda, in un tale contesto, è un valido alleato. Allo Yemen questa guerra a senso unico è costata già 5.700 morti.
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