La Ue all’Italia: impronte anche con la forza La scelta La linea concordata dal Viminale con il premier: collaborativi se ci aiutano a superare l’emergenza

La Ue all’Italia: impronte anche con la forza La scelta La linea concordata dal Viminale con il premier: collaborativi se ci aiutano a superare l’emergenza

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Un corpo di polizia di frontiera, e di guardia costiera, dell’Unione Europea. Lo ha annunciato il commissario Ue all’immigrazione Dimitris Avramopoulos: perché i problemi epocali di questi anni — ha sostenuto — richiedono «una risposta europea. Da qui dobbiamo muoverci verso il futuro: dando risposte europee».
Tuttavia, il commissario Ue fa il suo annuncio poco dopo la diffusione dei contenuti di un rapporto sull’Italia non precisamente lusinghiero. Dieci pagine (più quattro di allegati) in cui Bruxelles esamina lo stato di attuazione da parte dell’Italia degli accordi intraeuropei sull’immigrazione. Risultato, la richiesta di «un’accelerazione» nella realizzazione degli hotspot — i centri di registrazione degli immigrati in arrivo — e soprattutto l’impegno per «dare cornice legale alle attività di hotspot, in particolare per permettere l’uso della forza per la raccolta delle impronte e prevedere di trattenere più a lungo i migranti che oppongono resistenza». La Commissione scrive di attendersi «che altri due centri, Pozzallo e Porto Empedocle, siano aperti a giorni». Perché «malgrado i sostanziali incoraggiamenti, solo uno dei sei previsti è pienamente operativo». Soprattutto: «Il livello relativamente basso di arrivi permette di assicurare che il concetto di hotspot sia realizzato in pieno e che i difetti individuati siano corretti».
Il commissario Avramopoulos parla a Milano. È sullo stesso palco in cui siede il ministro dell’Interno Angelino Alfano che presenta il suo libro ( Chi ha paura non è libero ). Eppure, minimizza la portata della vicenda. Assicura che «non ci sono tensioni fra Europa e Italia, questa procedura è iniziata due anni fa». Soprattutto, dice il Commissario, «ora l’Italia sta andando velocemente e voglio lodare pubblicamente Alfano».
Il quale, però, poco più tardi spiega che «la linea italiana è che hotspot, delocation e rimpatri vadano insieme». Al Viminale si ricorda che «le leggi italiane impongono che l’uso della forza sia proporzionato alla situazione che si deve affrontare e dunque non possiamo andare oltre. Siriani ed eritrei fanno resistenza per impedire di essere fotosegnalati, tengono i pugni chiusi, sono disposti a tutto pur di evitare la registrazione». Non a caso, già nella relazione trasmessa dal capo della polizia Alessandro Pansa a Bruxelles e nell’audizione del capo del Dipartimento immigrazione Mario Morcone era stato specificato che «di fronte a persone che cercano di impedire la propria identificazione si procederà a videoregistrare ogni passaggio». Una decisione presa a tutela dei poliziotti, per impedire che possano poi essere accusati di aver compiuto violenza sulle persone.
Ferma è anche la scelta di non aprire nuovi hotspot fino a che non si procederà davvero con i ricollocamenti e con i rimpatri nei Paesi d’origine di chi non ha diritto allo status di rifugiato, come era stato stabilito nei mesi scorsi. La media non è cambiata: nonostante l’impegno della commissione guidata da Jean Claude Juncker di trasferire negli altri Stati 40.000 profughi in due anni — quindi 8.000 al mese — finora ne sono stati portati via appena 160. E non sembra ci siano le condizioni per poter cambiare la situazione. Del resto la linea era stata concordata dal premier Matteo Renzi con il ministro dell’Interno Angelino Alfano: «Saremo collaborativi nella misura in cui l’Europa ci aiuterà a superare l’emergenza». E invece sino a ora l’Ue ci ha messo sotto accusa, addirittura avviando una procedura d’infrazione che Alfano ha definito «ingiusta e irragionevole». Il ministro nelle ultime ore si è detto fiducioso che l’Italia non sarà sanzionata, ma tutto si gioca entro i prossimi due mesi e nulla al momento è scontato.
Alla presentazione del libro di Alfano c’era anche il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e il cardinale di Milano Angelo Scola. Roberti ha auspicato la nascita della figura di «un procuratore europeo con poteri di indagine in tutta l’Unione». Scola ha invece invitato a non ridurre il tema dell’Islam alla sola sicurezza: «Sarebbe importante favorire nelle università islamiche cattedre per lo studio dell’Europa e del cristianesimo».
Marco Cremonesi
Fiorenza Sarzanini


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