Su acciaio e banche è guerra tra l’Italia e l’Ue bocciati gli aiuti all’Ilva Pronti 3 ricorsi alla Corte

by CLAUDIO TITO, la Repubblica | 24 Dicembre 2015 9:05

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ROMA. Ormai lo scontro è totale. E non riguarda un solo settore. Lo spettro della conflittualità si è allargato a 360 gradi. Ma adesso ci sono tre fronti su cui ogni miccia è stata accesa. Si tratta delle banche, dell’Ilva e del deficit italiano. Sono le tre partite su cui si giocano i rapporti futuri tra il governo di Renzi e la commissione europea. Tra il premier e la Merkel.
La linea rossa tra Bruxelles e Roma è dunque diventata improvvisamente incandescente. E negli ultimi giorni i rapporti sono addirittura peggiorati.
Ieri è arrivata la comunicazione ufficiale che la Ue ha bocciato il salvataggio di Banca Tercas, la banca di Teramo. Ma soprattutto pochi giorni fa è stata recapitata al governo italiano la lettera formale con cui si preannuncia l’apertura della «procedura di infrazione» per i finanziamenti forniti all’Ilva. Il documento è stato firmato dal commissario alla Concorrenza, Margrethe Vestager, e punta l’indice proprio sull’ultimo prestito da trecento milioni. Anche per il gruppo siderurgico italiano l’accusa non cambia: aiuti di Stato.
In più, nell’ultimo mese, si è consumata anche la complicata e controversa dialettica tra il governo Renzi e la Commissione Juncker sul recente decreto salva-banche.
Si tratta dunque di uno scontro tra l’Italia e l’Unione europea senza precedenti. E stavolta è Roma all’offensiva. Mai si erano concentrati tanti elementi di conflittualità in uno spazio di tempo così breve. La tensione registrata la scorsa settimana al Consiglio europeo tra il presidente del consiglio e la Cancelliera tedesca Merkel assume adesso tutta un’altra luce. Tutto ha ormai preso la forma e la sostanza di un braccio di ferro che mira a cambiare non tanto – o almeno non ora – gli equilibri all’interno dell’Unione ma a modificare il perimetro dei tre negoziati cui i due contendenti saranno chiamati a discutere nel 2016.
Non è un caso che l’Italia, dinanzi alle lettere spedite in questi giorni da Bruxelles, abbia iniziato a valutare tutte le contromisure. Compresa quella più radicale: il ricorso alla Corte di Giustizia.
Sul caso Ilva, infatti, il governo insiste nel richiamare l’attenzione sulla circostanza che non si tratta di un semplice “salvataggio” ma anche di un’operazione finalizzata al risanamento ambientale. E secondo l’esecutivo italiano, proprio la disciplina europea prevede l’intervento pubblico in questi casi e in modo particolare in riferimento all’intervento siderurgico. La procedura di infrazione, nella fattispecie, non è stata ancora completata. Ma se l’esito dovesse essere negativo, Palazzo Chigi è pronto ad attivare appunto il ricorso alla corte di Giustizia.
Una soluzione che in questi giorni è in corso di valutazione anche per la questione Tercas. Anzi, sulla vicenda della banca teramana la decisione verrà presa in tempi strettissimi. E tutto sta portando verso la linea dello scontro totale: ricorso alla Corte di Lussemburgo. Non solo. Per rendere l’impatto ancora più avvelenato, potrebbe essere accompagnato dalla richiesta di risarcimento danni alla Commissione. Una procedura che, se avesse un esito positivo, porterebbe un cifra considerevole nelle casse dello Stato.
Lo stesso può valere per il cosiddetto decreto salva-banche che – fanno notare i ministri competenti – è stato modificato con un emendamento alla legge di Stabilità nella parte concernente il fondo interbancario. Quel fondo non è più obbligatorio bensì volontario. E chi ha usufruito di quegli stanziamenti – come la Tercas – li restituirà per attingere dal nuovo fondo “volontario”. Un percorso accettato alla fine dalle banche con la garanzia che sarebbe stato applicato il medesimo regime fiscale: quello che permette la deducibilità.
Del resto l’attenzione dell’esecutivo sul sistema bancario sta crescendo sempre più. Il timore che le recenti vicende possano compromettere il flusso dei finanziamenti alle attività imprenditoriali e ai privati sta diventando una sorta di incubo per Palazzo Chigi. Soprattutto la paura che il complesso degli istituti di credito nostrani non vengano più percepiti come affidabili. Se questi due fantasmi si trasformassero in realtà, il primo effetto sarebbe una vera e propria mazzata sulle previsioni del governo relativa alla crescita nel prossimo anno. Tant’è che una delle parole d’ordine pronunciate in questi giorni da Renzi tocca le banche e la necessità di rafforzarle attraverso il loro accorpamento.
Ma dietro queste due partite, ossia quella degli istituti di credito e dell’Ilva, se ne gioca una terza. Che Palazzo Chigi considera la più importante. Il via libera al deficit al 2,4 per cento nel 2016. Questa soglia, infatti, non è stata preventivamente concordata con Bruxelles. Il negoziato di settembre- ottobre aveva prodotto per l’Italia l’ampliamento dei margini di spesa fino al 2,2 per cento. Ora, però, c’è questo 0,2 per cento in più che espone l’esecutivo italiano al rischio di un’altra procedura d’infrazione. Renzi è sicuro di poter trattare, come lo scorso anno, una via d’uscita.
Ma le tre battaglie non saranno combattute separatamente. Nel governo italiano, sono certi che anche le due ultime missive spedite dalla Commissione sulle banche e sull’Ilva rientrino nella tattica di Bruxelles di aprire una trattativa sui tre fronti per poi discutere su quale chiudere un occhio.
Il premier è invece convinto di poter vincere contemporaneamente sui tre tavoli. Con una premessa che vale per tutte le tappe da affrontare da qui alla prossima primavera: il vero interlocutore è la Germania di Angela Merkel. Solo se la Cancelliera approverà la linea della flessibilità per l’Italia, allora Bruxelles si adeguerà. Era questo il fulcro della lite che ha segnato l’ultima riunione del consiglio europeo tra “Matteo e Angela”. Questo sarà il centro del loro prossimo incontro.
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