Etruria, il pm alza il tiro ipotesi truffa sui bond Verifiche allargate a Consob e Bankitalia

Etruria, il pm alza il tiro ipotesi truffa sui bond Verifiche allargate a Consob e Bankitalia

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AREZZO. Nella storia recente di Banca Etruria c’è un anno, il 2013, che è più importante degli altri. Perché in quei dodici mesi accadono due cose, l’aumento di capitale per 100 milioni di euro e l’emissione di circa 120 milioni di euro di obbligazioni subordinate, che stanno portando la procura di Arezzo a valutare il ruolo di chi quelle operazioni doveva controllare e vigilare. Bankitalia e Consob. Non solo. Se l’esposto di Federconsumatori porterà, come ogni evidenza lascia presumere, all’apertura di una quarta indagine, il reato da cui si partirà è quello di truffa ai danni dei clienti della banca. Un passo indietro.
Tra le carte del procuratore capo Roberto Rossi c’è una denuncia per “omessa vigilanza della Banca d’Italia e di altri soggetti che hanno provocato un danno enorme, bruciando il risparmio di migliaia di persone”. E’ firmata da Elio Lannutti di Adusbef e Rosario Trefiletti di Federconsumatori. Viene definita “interessante” da un punto di vista investigativo, perché messa in relazione, appunto, a quello che è successo nel 2013. Sull’aumento patrimoniale di 100 milioni, effettuato a luglio e rivelatosi poi insufficiente, vengono citati nella denuncia due passaggi del prospetto di Bankitalia emesso allora: “al momento gli esiti dell’ispezione non sono noti e prevedibili”, e quindi “ove la qualità del portafoglio creditizio e delle garanzie a mitigazione del relativo rischio dovessero essere considerate non pienamente soddisfacenti, i requisiti aggiuntivi richiesti da Banca d’Italia potrebbero essere innalzati”.
Eppure in quel periodo gli ispettori di Bankitalia sono una presenza fissa nell’istituto aretino: nel dicembre 2012 è iniziata l’ispezione settoriale, diventata poi ispezione generale e conclusasi il 6 settembre 2013. Era stata anticipata da una lettera inviata a Banca Etruria del governatore Ignazio Visco, datata 24 luglio 2012, che spiegava che “la qualità degli impieghi scadenti e in progressivo peggioramento sulla quale influisce un consistente stock di partite anomale; la fragile situazione di liquidità che nel prossimi mesi risentirà dell’esigenza di fare parte del rimborso dell’ammontare delle obbligazioni in scadenza; l’insufficienza di redditività” spingerebbero a inserire “nell’organismo amministrativo esponenti connotati da rilevata professionalità e da un rafforzamento della componente manageriale” A dicembre del 2013 il capo del pool ispettivo, Emanuele Gatti, viene sentito come testimone informato dei fatti dal procuratore Rossi: parla chiaramente di ostacolo alla sua opera di vigilanza da parte dei vertici (l’allora presidente Giuseppe Fornasari, l’ex direttore generale Luca Bronchi e il dirigente centrale David Canestri, tutti indagati e prossimi al rinvio a giudizio) e definisce la vendita del patrimonio immobiliare della Banca (l’operazione Palazzo della Fonte) “fasulla”, usata solo per gonfiare i bilanci. Il dubbio della procura è, dunque, perché a fronte a tutti questi elementi non sia stata posta maggior attenzione da parte degli organi centrali di Banca d’Italia su ciò che stava avvenendo nell’istituto aretino. Gatti quindi viene risentito a gennaio di quest’anno, e dà questa spiegazione: se non avessero nascosto il livello di deterioramento dei crediti, la richiesta di aumento del patrimonio sarebbe stata molto superiore ai 100 milioni di euro autorizzati da Palazzo Koch.
Se la procura di Arezzo troverà riscontri sull’ipotesi di “omessa vigilanza”, manderà tutta la documentazione alla procura di Roma per competenza territoriale. E lo stesso nel caso in cui emergano controlli carenti da parte della Consob. Banca Etruria è infatti una spa quotata in borsa, e l’agenzia doveva monitorare la massiccia emissione di obbligazioni subordinate nel 2013.
Proprio sulle modalità di come sono stati fatti sottoscrivere quei titoli, il procuratore sta aspettando denunce specifiche dei singoli risparmiatori. Federconsumatori ha già trovato otto persone disposte a farlo. Appena ne arriva una, si apre il procedimento per “truffa”, che potenzialmente può essere devastante per i manager della banca: prima verranno accertate le responsabilità dei funzionari e dei direttori di filiale, poi si valuterà se ci sia stata una specifica indicazione del Cda a piazzare il più possibile le obbligazioni.
Repubblica è venuta in possesso anche del verbale di ispezione Bankitalia del febbraio 2015, da cui è scaturito il commissariamento della banca Etruria e la terza inchiesta della procura di Arezzo, quella sulla mancata comunicazione di conflitti di interesse per cui sono indagati l’ex presidente Lorenzo Rosi e l’ex membro del Cda Luciano Nataloni.
Si parla di “consulenze esterne ascese ad oltre 15 milioni di euro nel biennio 2013-2014”, un premio di produzione da 2,1 milioni di euro diviso tra i dipendenti della banca nonostante le difficoltà finanziare, e una liquidazione dell’ex direttore generale da 900 mila euro.
Intanto il procuratore di Arezzo è intervenuto sul caso della consulenza con il governo, nello specifico con il Dipartimento affari giuridici e legislativi. “E’ un incarico meramente tecnico, e non politico – spiega – ce l’ho fin dal 2013 quando il governo era retto da Enrico Letta, e capo del Dagl c’era Carlo Deodato. L’incarico scadrà alla fine di quest’anno come scadenza naturale ed è del tutto gratuito, non prendo soldi”.


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