PARIGI. NON ce l’hanno fatta. Né Marine né Marion Le Pen, la zia e la nipote, né Florian Philippot, il loro ideologo, né gli altri candidati del Front National hanno superato il traguardo del ballottaggio. Nessuno di loro è riuscito a conquistare una delle tredici regioni di Francia. Neanche una. Accorsi più numerosi alle urne gli elettori li hanno inchiodati sui risultati del primo turno. Il nove per cento che ieri ha votato in più del cinquanta per cento di due domeniche fa è stato decisivo. È stato un sussulto democratico spettacolare, esclamavano all’annuncio i militanti di sinistra che si sentivano i protagonisti nelle due grandi regioni del Nord e del Sud, cui tutti guardavano. Ed era un entusiasmo giustificato: a fermare l’avanzata dei maggiori rappresentanti dell’estrema destra essendo stata la barriera (il front républicain) eretta dai socialisti. Ritirandosi e riversando i suffragi sui candidati di centro destra, nonostante il rifiuto di Nicolas Sarkozy di partecipare all’operazione, essi hanno contribuito da soli, di propria iniziativa, alla sconfitta di Marine Le Pen, presidente del Front National, nel Nord-Pas -de-Calais-Piccardia, e a quella della nipote Marion nella Provenza-Alpi-Costa Azzurra, In quella che era un tempo la terra dei minatori, eroi di Emile Zola (in “Germinal”) Marine Le Pen aveva ottenuto più del quaranta per cento al primo turno. Aveva la vittoria a portata di mano. Con una manciata di voti avrebbe conquistato la presidenza di una regione significativa, dove una volta la sinistra trionfava. Sarebbe stata la prima regione europea amministrata senza alleati da un partito populista che rifiuta l’euro, l’Unione europea e che non ama gli immigrati, in particolare se sono arabi. Un nido di grande rilievo per la destra xenofoba e eurofoba. Xavier Bertrand, candidato di centro destra, affrontava il ballottaggio con meno del venticinque per cento. Aveva poche speranze di spuntarla. La mossa socialista di ritirare il proprio uomo e di invitare a votare per Bertrand ha spiazzato Marine Le Pen, l’ha lasciata al quarantadue per cento, due punti in più rispetto al primo turno. L’avversario ha avuto il cinquantasette e 6 per cento. La sconfitta è stata pesante per la presidente del Front National, ma è col sorriso che ha definito «irresponsabili» i suoi avversari per i trucchi che hanno ordito alle sue spalle, stringendo alleanze innaturali. Ha aggiunto che «il regime è comunque in agonia». Il suo partito ha raccolto i sei milioni di voti di una settimana fa, più alcune centinaia di migliaia, che confermano il suo primato nel- la società politica nazionale.
Per Marion Maréchal-Le Pen, la giovane nipote, la sconfitta in Provenza-Alpi-Costa Azzurra, è stata più dolorosa. Anche perché era la prima. Christian Estrosi, sindaco di Nizza e fedele di Nicolas Sarkozy, l’ha battuta 54,8 contro 45,2. La mobilitazione per sbarrare la strada all’estrema destra ha avuto successo nel Nord e nel Sud dove più di sei elettori su dieci sono andati a votare. Ed è riuscita anche nell’Est. Dove Florian Philippot, l’ideologo del Front National, nella regione Alsazia- Champagne-Ardenne—Lorena ha avuto la sorte delle due Le Pen. E questo nonostante il candidato socialista non abbia ubbidito alla parola d’ordine del partito e non si sia ritirato in favore del rappresentante del centro destra, che era in una posizione migliore. Gli elettori di sinistra hanno rifiutato di seguire il candidato insubordinato e hanno ubbidito al front républicain. Come Marine Le Pen, anche Philippot ha ricordato che il Front National, nonostante le mancate vittorie al secondo turno resta il primo partito di Francia.
In effetti la sconfitta di ieri, senz’altro severa perché avvenuta grazie a una forte mobilitazione democratica, non toglie che la continua crescita dei voti in favore del Front National, passato dai tre milioni del 2004 ai sei milioni del 2015, rappresenti un’importante novità nel sistema politico francese. Segna l’agonia del bipartitismo e l’avvento del tripartitismo. Per la Quinta Repubblica è un terremoto. Il tripolarismo sembra ormai installato solidamente anche se non sono esclusi sviluppi futuri. Il terzo partito non è ancora uguale agli altri. Non è stato naturalizzato nella società politica come le altre due principali formazioni cui si avvicina per dimensione, ma non per l’ideologia e la pratica. Il Front National è tuttavia presente nel panorama e non come un fenomeno che si gonfia e si sgonfia secondo gli umori e le situazioni. È ormai una forza con radici profonde nel paese, con un personale qualificato e un’adesione estesa sul terreno nazionale, soprattutto tra i giovani, che non riescono a distinguere sinistra e destra. E sono in preda a una frustrazione che li spinge verso un movimento nuovo in apparenza: nella pratica e nel linguaggio. La controffensiva democratica tra il primo e il secondo turno ha bloccato l’estrema destra. Non l’ha ridimensionata e ancor meno dispersa. La conquista di una o più regioni avrebbe avuto un’importanza soprattutto simbolica, e un impatto psicologico tutt’altro che trascurabile, ma il sistema centralizzato francese concede loro poco potere. La mobilitazione democratica ha avuto il valore di uno schiaffo. Ma se si osserva il risultato nei particolari gli uomini del Front Natrional sono ormai distribuiti in tutto il paese e inseriti in quasi tutte le classi sociali. La sconfitta è stata severa, ma forse meno profonda di quel che appare.
Il partito socialista ha ottenuto un grande successo applicando da solo, contro la volontà di Nicolas Sarkozy, il front rèpublicain e provocando la sconfitta dei principali dirigenti del Front National, in particolare di Marine e Marion Le Pen. Ma non ha conquistato l’Ile de France, che ha come centro Parigi. Il socialista Claude Bartolone, presidente dell’Assemblea Nazionale, era in gara con Valérie Pécresse, del partito di Nicolas Sarkozy (Le Rèpublicains), e ha perduto per pochi voti, 43,9 contro 42. La sconfitta è più pesante del risultato, perché il presidente dell’Assemblea Nazionale (la Camera dei deputati), era riuscito a creare un Fronte di sinistra, al quale avevano aderito le varie formazioni distinte dai socialisti e spesso avversarie. La perdita dell’Ile de France riduce a cinque le regioni conquistate dalla sinistra contro le sette al centro destra. Ma di queste sette almeno tre (a Sud, a Nord e a Est) il centro destra le deve ai socialisti che si sono ritirati per favorirli. Per un partito socialista al governo, afflitto da un’impopolarità diventata cronica sotto la presidenza di François Hollande, l’esito non è sfavorevole. Anzi, è meglio di quel che si aspettava.
A soli diciotto mesi dalle presidenziali, suo vero obiettivo, Nicolas Sarkozy non ottiene una vittoria che gli garantisce di essere il designato alle primarie per la nomina del candidato alla massima carica dello Stato. La sua campagna elettorale ritmata da temi di destra, in aperta concorrenza con il Front National, ha accentuato la spaccatura nel partito, dove non sono pochi a contendergli la guida e a dubitare della sua capacità e ideoneità a occupare di nuovo la presidenza della Repubblica. Per questo non mancano i concorrenti di Sarkozy. Elezioni amministrative quali sono le regionali hanno dato risultati destinati a cambiare la società politica francese.