PARIGI. È il momento della controffensiva. I ballottaggi di domenica prossima sono il terreno della grande manovra politica. Per i partiti democratici, sconfitti al primo turno delle elezioni regionali, il secondo voto è l’ultima occasione per frenare, per ridimensionare l’avanzata dell’estrema destra. L’obiettivo immediato è di impedire che il 28 per cento ottenuto nell’insieme del paese dal Front National si traduca nella conquista di un consistente numero delle tredici regioni in palio a fine settimana. In sei di quelle regioni i candidati di estrema destra sono in testa, ma se riuscissero a controllarne almeno quattro per Marine Le Pen sarebbe un grande successo. In tal caso, dopo avere ottenuto il titolo di primo partito di Francia con i suffragi del 6 dicembre, il Front National disporrebbe anche di un’ampia base per proseguire «la marcia verso il potere», come dicono con enfasi i militanti. E per la verità la conquista, da parte di un’estrema destra, reazionaria e xenofoba, di alcune grandi regioni in una delle maggiori democrazie occidentali sarebbe un avvenimento non solo di rilievo ma inquietante. Favorirebbe inoltre la dinamica, per ora inarrestabile, di un partito che cresce ad ogni elezione, dopo una lunga stagnazione, e che via via si svincola dall’isolamento in cui lo relegano i partiti democratici.
Sarà infatti sempre più difficile tenere in una quarantena politica un movimento che raccoglie quasi un terzo dell’elettorato, in una consultazione nazionale (sia pure con un’astensione vicina al 50 per cento). E che, se tra pochi giorni, il 13 dicembre, conquistasse soltanto le tre regioni in cui è in netto vantaggio, nel Nord, nell’Est e in Provenza, amministrerebbe territori in cui vive un quarto della popolazione francese. Un eccellente posizione da cui proseguire «la marcia verso il potere », ai nostri occhi utopistica, ma non per chi la conduce.
La dinamica del populismo in Europa è in funzione da tempo. La collera per la strage parigina compiuta dai jihadisti il 13 novembre ha senz’altro portato molti elettori al Front National. Gli ha fatto compiere un ulteriore balzo in avanti. Ma negli anni la sua crescita non è stata favorita soltanto dalla xenofobia. Nell’affrontare i grandi mutamenti in corso nelle nostre società le democrazie non sono state all’altezza. Hanno lasciato aperte tante brecce ai populisti.
La controffensiva per frenare l’estrema destra viene preparata nella confusione e nella fretta. La scadenza è fissata per le diciotto di oggi. Per quell’ora dovranno essere presentate le liste dei candidati. Il tempo stringe e non c’è coesione tra i partiti democratici. Quello di destra, di cui Nicolas Sarkozy è il presidente e a cui si sono aggregate formazioni centriste, ha rifiutato di applicare il fronte repubblicano che nel passato ha riunito le forze democratiche decise a sconfiggere l’estrema destra, e per questo disposte a superare le differenze ideologiche o le vecchie rivalità.
Sarkozy ha respinto l’intesa con il partito socialista. La quale avrebbe obbligato a desistere chi avesse ottenuto meno voti e a invitare i propri elettori ad appoggiare chi avesse la possibilità, anche se un avversario democratico, di sconfiggere il Front National. Il rifiuto di Sarkozy non ha incontrato obiezioni nella direzione del partito, ma i suoi nemici interni non nascondono che la resa dei conti sarà inevitabile appena concluse le elezioni. Allora l’ex presidente della Repubblica dovrà pagare per avere condotto “ Les républicains”, cosi si chiama il partito, alla sconfitta. E il sorpasso compiuto dal Front National diventato il primo partito di Francia è un’umiliazione severa per Sarkozy. Tanto più che è avvenuto nonostante la tattica studiata per sottrarre elettori a Marine Le Pen, spesso usando argomenti simili. Il prezzo della sconfitta si annuncia pesante. Potrebbe implicare la rinuncia di Sarkozy a una nuova candidatura alla presidenza della Repubblica. Cioè alla riconquista che sembrava a portata di mano. Alain Juppé, ex primo ministro e oggi sindaco di Bordeaux, in queste ore è disciplinato, ma lui è un possibile candidato al Palazzo dell’Eliseo al posto di Sarkozy.
Se la direzione del partito si è adeguata, per il momento, alla volontà del suo presidente, tra i notabili non sono in pochi a dichiararsi in favore di un’intesa con i socialisti contro il Front National. L’astensione si è aggirata sul cinquanta per cento, e molti di coloro che hanno disertato i seggi potrebbero mobilitarsi per i ballottaggi, indignati dall’idea che un partito xenofobo possa avere un successo tanto clamoroso nel paese dei diritti dell’uomo. L’astensione è stata altissima anche in località della banlieue parigina dove vivono importanti comunità musulmane. A Bobigny, nella Seine- Saint-Denis, ha toccato il settantadue per cento, e più ancora a Scarcelles, nella Val-d’Oise, dove oltre a una comunità musulmana ce n’è anche una ebraica. Il successo del partito islamofobo e un tempo anche antisemita può essere stato traumatizzante. E può spingere ad andare alle urne domenica.
Per molti democratici finora indifferenti, e comunque rimasti a casa al primo turno, la dinamica che ha condotto il Front National a diventare il primo partito di Francia, può essere insopportabile dopo il successo di domenica. Quella che era una spiacevole eccentricità della Francia profonda, appare adesso una pericolosa deriva nazionale. Tanto più che il Front National sta raccogliendo consensi in quasi tutti gli strati della società, compresi quelli tradizionalmente di sinistra.
Al contrario di Nicolas Sarkozy, il partito socialista ha promosso da solo il fronte repubblicano. Ha infatti invitato i candidati nella regione del Nord (Nord-Pas-de-Calais-Piccardia) e in quella del Sud (Provenza-Alpi-Costa-Azzurra) a ritirarsi e ad invitare i loro elettori a votare per i candidati di centro destra. Erano arrivati terzi e restando in gara non potevano che indebolire quelli in seconda posizione. In sostanza avrebbero favorito la vittoria di Marine Le Pen, che nella regione del Nord ha ottenuto più del quaranta per cento, e di sua nipote Marion che nel Sud ha raccolto altrettanti suffragi. È probabile che le due Le Pen vengano elette lo stesso. Ma Manuel Valls, il primo ministro, ha precisato che il suo partito non vuole avere quella responsabilità. La direzione socialista ha chiesto di ritirarsi anche a Jean Pierre Masseret, candidato arrivato terzo nella regione Alsazia-Champagne- Ardenne-Lorena. Restando in lizza indebolirebbe l’avversario di centro destra, in seconda posizione, di Florian Philippot, stratega del Front National. Ma fino a ieri sera Masseret non voleva abbandonare i suoi elettori. Se mi ritiro li tradisco, In molti casi l’applicazione del fronte repubblicano pone dei casi di coscienza. Non sempre, ad esempio, un militante di sinistra se la sente di appoggiare un sarkoziano, anche se si tratta di sconfiggere un lepenista.