by Giuseppe Acconcia, il manifesto | 4 Dicembre 2015 11:44
Escalation . «Non dimenticheremo chi ci ha sparato alla schiena»: Putin blocca il gasdotto russo-turco. Davutoglu: «Quella di Mosca è propaganda» Il Nobel Orhan Pamuk sui due giornalisti di Cumhuriyet arrestati: «Erdogan è un problema per la democrazia». E l’Is decapita ostaggio russo «spia». La polizia turca spara a Diyarbakir, uccisi due giovani: protestavano contro lo stato d’assedio e il coprifuoco permanente in vigore nelle città kurde
Mosca fa propaganda come ai tempi della Guerra fredda. È stata pressapoco questa la reazione stizzita del premier turco, Ahmet Davutoglu, alla conferenza stampa dei vertici militari russi in cui sono state mostrate le «pistole fumanti» del business del petrolio jihadista con la Turchia e la famiglia di Erdogan. «Mi è sembrato di tornare all’infanzia e di rivedere la macchina della propaganda sovietica», ha commentato Davutoglu, mentre Erdogan aveva definito «calunniose» le accuse di Mosca. Ma ha rincarato la dose etichettando i video e le foto mostrate da Mosca come «immorali».
E se la guerra si fa con le immagini, anche Ankara è pronta a tutto. Erdogan, echeggiando le stesse accuse di Putin, ha annunciato di essere in possesso di altrettante prove che inchioderebbero imprenditori russi (tra cui il siriano con passaporto russo, George Haswani) coinvolti negli affari petroliferi dello Stato islamico.
Davutoglu ha assicurato che Ankara non cederà mai ai ricatti russi. Le autorità turche non hanno voluto presentare le loro scuse dopo l’abbattimento del Sukhoi russo Su-24 al confine tra Turchia e Siria. Eppure Davutoglu si è detto pronto a condividere informazioni di Intelligence con Mosca in merito all’abbattimento del jet. In segno di distensione, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha incontrato il suo omologo turco, Mevlut Cavusoglu, ai margini della conferenza della conferenza dell’Organizzazione per lo Sviluppo e la cooperazione economica (Osce) in corso a Belgrado.
Eppure la Turchia continua a vivere nel terrore. Ieri la polizia ha sparato in piazza Dagkapi nel centro di Diyarbakir uccidendo due persone: Cekvar, un giovane di 16 anni, e la studentessa universitaria, Guler. Alcuni manifestanti si erano raccolti nel centro di Diyarbakir per protestare contro lo stato di assedio e il coprifuoco permanente che vige nel quartiere di Sur. Proprio qui la scorsa settimana è stato ucciso in un attentato a sangue freddo il capo dell’Ordine degli avvocati kurdi, Tahir Elci.
Anche noti intellettuali turchi hanno accusato le autorità di produrre un clima politico «orribile».
Lo scrittore Orhan Pamuk ha ammesso che il presidente Erdogan e il partito Giustizia e Sviluppo (Akp) costituiscono un «problema per democrazia». Pamuk ha definito «scandalosa» la pressione esercitata contro i giornalisti turchi. Lo scrittore ha fatto riferimento all’arresto di Can Dundar e Ermet Gul con le accuse di «spionaggio» per le loro indagini sui rapporti tra Intelligence turca e jihadisti. Una campagna internazionale, lanciata da Reporter senza frontiere, ne ha chiesto la scarcerazione immediata. Gli islamisti moderati hanno costretto il popolo turco a tornare alle urne pur di ridimensionare il risultato elettorale della sinistra filo-kurda (Hdp) che il 7 giugno scorso era entrata per la prima volta in parlamento.
Ma Putin non sembra voler fermare l’escalation di tensione tra i due paesi. «La cricca al governo in Turchia continuerà a pentirsi di ciò che ha fatto, non se la caverà con i pomodori», ha chiosato Putin in riferimento al bando di frutta e ortaggi turchi, insieme ad una stretta sui visti e all’arresto di 15 operai turchi a Rostov, decisi dalle autorità di Mosca. «Non dimenticheremo mai chi ha sparato alla schiena dei nostri piloti», ha rincarato Putin. Dopo le sue parole, è arrivata la conferma della sospensione dei negoziati per il gasdotto russo-turco Turkish Stream, annunciato dal ministro dell’Energia russo, Aleksandr Novak.
Il presidente turco è tornato anche sulle responsabilità statunitensi in Medio oriente. Putin ha ridicolizzato il tentativo goffo di Washington di cacciare i regimi locali «imponendo le proprie regole». Secondo lui questo ha prodotto la lotta di «popoli contro altri popoli». In molti casi neppure la Russia si è sottratta da queste logiche purtroppo. Il Pentagono invece ha bollato come «assurde» le accuse di Mosca contro Erdogan.
Anche i jihadisti di Is hanno reagito a modo loro all’inasprimento dei raid russi in Siria dopo il grave attentato al Metrojet russo nei cieli del Sinai, costato la vita a 224 persone. In un filmato di otto minuti, diffuso da Raqqa, roccaforte jihadista, bombardata dai russi nei giorni scorsi, si vede un uomo di nazionalità cecena, probabilmente agente dei servizi russi, in ginocchio con la giubba arancione di ordinanza dei condannati a morte. Nel video si sente l’uomo confessare di essere un agente di Mosca, infiltrato nelle fila di Is in Iraq. Nel video si vede l’ostaggio rivelare al suo aguzzino a volto scoperto e in lingua russa di essere stato mandato lì per raccogliere informazioni su possibili futuri progetti di attentati in territorio russo dei jihadisti.
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