La vendetta dell’Is contro la Russia un video sul web “Spia decapitata”

La vendetta dell’Is contro la Russia un video sul web “Spia decapitata”

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SULLE placide rive di un lago, a pochi metri dalla battigia, l’Is ha rinnovato con il sangue il suo annuncio di guerra dichiarata alla Russia, colpevole di bombardare lo Stato islamico: «Russi, sarete umiliati e sconvolti», annuncia nel titolo di un video rilasciato ieri sera sui canali web del Califfato. Dopo i 224 civili ammazzati in volo sul Sinai il 31 ottobre mentre tornavano dalle vacanze a Sharm, l’Is ricorda a Mosca che è e resta al centro del mirino.
Le scena è il solito orrore di una decapitazione: questa volta, se l’autenticità delle immagini sarà confermata, ad essere uccisa è «una spia del Fsb», i servizi segreti russi. Magomid Khasaiev, un ragazzo ceceno con barba islamica e tuta rossa, più che arancione, inginocchiato e poi sgozzato da un biondo macellaio in tuta mimetica e coltellaccio marziale. Per sette minuti e sedici secondi entrambi, prima la vittima e poi il carnefice, parlano in russo: ancora sbarbato e completamente calvo, il primo confessa – per quanto possa valere una confessione resa in una prigione dello Stato islamico – di essere un cittadino ceceno reclutato dai servizi segreti di Mosca per raccogliere informazioni sullo Stato islamico e sui combattenti provenienti dagli stati caucasici. Cambiata location e allestito il set dell’orrore sulle sponde di una specie di paradiso che ora i servizi di mezzo mondo stanno cercando di identificare, il secondo avverte «il cane» Putin e i russi «non sarete mai al sicuro a casa». Poi, ecco gli ultimi 25 secondi di scannatoio.
Non è la prima volta che le lame dei tagliagole di Al Baghdadi si rivolgono verso presunte spie della Russia, ma non erano cittadini russi. A gennaio toccò a due kazaki: anche allora confessarono di essere stati arruolati per spiare il Califfato, poi vennero uccisi da un bambino. Le immagini fecero il giro del modo, scendendo un nuovo gradino verso gli inferi dell’horror. Quel bel bambino dai capelli lunghi incitato da un pazzo barbuto – Abu Sa’ad al-Daghistani, che verrà presto ucciso a sua volta a Kobane – veniva mostrato mentre sparava alla nuca ai due ostaggi.
Ma stavolta è diverso. Allora fu quella che Michael Weiss, l’autore del bestseller del New York Times “Isis, inside the army of terror”, chiama «l’assoluta paranoia dell’Is sulle infiltrazioni. Passa le reti a strascico per catture quinte colonne e agenti stranieri; ma lo fa per prevenire, più che per curare». Oggi invece è un atto politico.
Un ufficiale anziano dei servizi segreti di Mosca citato da “Terror Monitor” ha bollato come «senza basi» il proclama secondo cui il povero Magomid era una spia, ma conta poco. È un morto, è il primo russo decapitato ed è un potente messaggio ai russi, prima che al governo e a Putin.
Non è neppure chiaro quando sarebbe avvenuta, la decapitazione, ma questo era il momento giusto per inondare il web con un’altra dose di barbarie. Nella sua prigione, Magomid dice di essere stato convinto ad arruolarsi per i servizi di Mosca e di essere stato inviato in Turchia dove un reclutatore dell’Is lo ha spedito in Iraq. Lì, dice, i miliziani lo hanno scoperto e arrestato.
A novembre, mentre l’Occidente piangeva i ragazzi e le ragazze uccisi a Parigi, Mosca ribadiva che non solo non avrebbe cambiato strategia ma avrebbe alzato il tiro dei bombardamenti contro l’Is. Per una volta, la coalizione internazionale è persino sembrata sul punto di avere davvero un obiettivo comune, ma la cronaca degli ultimi giorni racconta altre svolte impreviste. Prima l’abbattimento da parte della Turchia del caccia russo inviato a bombardare i ribelli turcmeni in Siria, nemici di Assad ma amici del premier Erdogan. Poi, è storia di ieri, le accuse dirette del Cremlino ad Ankara e quelle, indirette, a Washington che avrebbe lasciato compiersi quel traffico diretto verso l’alleato turco. Neanche il tempo di ascoltare la replica del Dipartimento di Stato Usa, ed ecco il messaggio dell’Is, pronto ancora una volta ad alzare la posta ricordando ai più attivi tra i suoi nemici che saranno anche i primi a cadere. Spaventare i russi forse non servirà a fermare il Cremlino, ma è un forte richiamo a combattere per gli stati caucasici come Cecenia e Daghestan, in cui Daesh continua a reclutare foreign fighters pronti a esportare il terrore.


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