PARIGI Alle tre del pomeriggio di ieri Valeria Solesin, 28 anni, veneziana, giovane e promettente ricercatrice della Sorbona, è passata ufficialmente dalla lista dei dispersi a quella dei morti. Come una volta, nei bollettini di guerra, per i caduti in battaglia. Ma lei non era in guerra con nessuno: laureata in Sociologia a Trento, dottoranda in demografia, volontaria di Emergency, studiosa della condizione femminile nel mondo del lavoro, in particolare nella fase più delicata della vita di una donna: quando diventa madre. Neodemos, foro indipendente e autofinanziato di analisi e osservazione sulle tendenze e i cambiamenti demografici, ha ritrovato e ripubblicato un articolo che due anni fa Valeria aveva inviato alla redazione con un titolo accattivante: «Allez les filles, au travail!», forza ragazze, al lavoro!
Quanto a lei, da quattro anni si era trasferita a Parigi a vivere con Andrea, a continuare i suoi studi, a progettare il suo futuro. Con tutte le sue forze. Venerdì sera si festeggiava la laurea di Chiara, sorella di Andrea, in vacanza nella capitale francese con il fidanzato, Stefano Peretti, veronese. Avevano scelto il Bataclan, ottocentesco café-concert da 1.500 posti, convertito alla musica pop e rock, nell’XI arrondissement. Lo avevano scelto anche i terroristi, decisi a dare una lezione mortale agli «idolatri» della musica e del peccato. Quando le teste di cuoio hanno fatto irruzione per interrompere la mattanza, Valeria era ancora viva, ma è scomparsa pochi istanti dopo. Fino alle tre di ieri pomeriggio.
«Fino a quel momento si poteva ancora sperare che fosse ricoverata in qualche ospedale, fra i feriti gravi, non identificati, perché in stato d’incoscienza o di choc» ammette il console generale di Italia a Parigi, Andrea Cavallari, cui è toccato il compito del riconoscimento. Non l’aveva mai incontrata prima di quei momenti all’Istituto di Medicina Legale, quando gli è stato mostrato il corpo di una giovane donna ancora senza nome.
Il console e l’ambasciatore Giandomenico Magliano hanno cercato con lo sguardo i segni identificativi che i genitori di Valeria e il fratello, Dario, avevano suggerito loro per distinguerla da altre vittime senza nome: la risposta era lì, in quei dettagli inconfondibili. «Sì, è lei».
Non restava che comunicarlo ad Andrea, rimasto fuori dalla stanza, ancora aggrappato alla possibilità di un miracolo. Era il primo, Andrea, a sapere che non c’era più spazio per illusioni: con Chiara, Stefano e altri amici avevano cercato Valeria in tutti gli ospedali. Avevano compulsato gli elenchi delle vittime riconosciute all’Ecole Militaire. Niente. Restava soltanto da provare in place Mazas, all’istituto medico-legale. È probabile che Valeria sia arrivata lì direttamente dal pavimento insanguinato del Bataclan, dove il gruppo di ragazzi italiani si era sfilacciato tentando di scampare alla sparatoria.
Quando era iniziata, alle 21 e 40, il frontman degli Eagles of Death Metal aveva appena gridato al microfono «Parigi, vi amiamo», prima di intonare «Kiss the devil», bacia il diavolo. «I will love the devil and his song…», amerò il diavolo e la sua canzone, erano le parole sulle quali ballavano i ragazzi in sala. Ma, fuori, i sicari del diavolo erano già scesi da una Polo nera.
I primi colpi dei fucili automatici non hanno fatto paura: «Sembravano effetti speciali — ha raccontato il fidanzato di Valeria —. Abbiamo scambiato l’esplosione per un effetto sonoro, un botto studiato per dare enfasi all’esibizione». Ma i corpi crivellati cominciavano a cadere al suolo. Valeria, Andrea, Chiara e Stefano erano riusciti a togliersi dalla linea di tiro, a nascondersi. A un passo dalla salvezza. Con il blitz dei reparti speciali, è ricominciato il fuggi fuggi; un’amica ha raccolto la borsa di Valeria, che Andrea d’un tratto non ha più visto accanto a sé. Erano scappati in direzioni diverse.
«Valeria era figlia d’Italia e d’Europa — l’ha ricordata ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella —. È stata uccisa da mano barbara, fomentata da fanatismo e odio contro la nostra civiltà, i suoi valori di democrazia, di libertà e di convivenza. Valeria è stata uccisa insieme a tanti altri giovani perché rappresentava il futuro dell’Europa, il nostro futuro».
Altri giovani raccoglieranno il testimone: il premier Matteo Renzi ha promesso ai genitori che sarà istituita una borsa di studio a nome di Valeria Solesin.
Elisabetta Rosaspina