BRUXELLES. Sono in pochi a dire quello che tutti pensano, a criticare, seppure non con energia tale da far saltare il tavolo, l’atteggiamento sempre più autoritario di Erdogan. Così il vertice Ue-Turchia scorre senza scossoni e in tre ore mantiene le promesse. I leader europei firmano la dichiarazione grazie alla quale ad Ankara andranno tre miliardi per aiutare ad ospitare i 2,2 milioni di rifugiati siriani diretti in l’Europa. C’è l’impegno a liberalizzare i visti per i turchi che vorranno viaggiare nel Vecchio Continente e c’è la ripartenza del negoziato di adesione all’Ue. In cambio i turchi promettono di chiudere le frontiere, di non permettere più che centinaia di migliaia di migranti salpino verso le coste greche per poi incolonnarsi sulla rotta balcanica e arrivare in Nord Europa. Richiesta fondamentale per Angela Merkel e per le istituzioni di fronte a una crisi, quella dei migranti, che sta minando la coesione europea e indebolisce la leadership di diversi capi di governo. Ieri Erdogan però non si è presentato a Bruxelles, ha mandato il premier Davutoglu. Gli europei, dal canto loro, non hanno ancora deciso chi metterà i soldi: la Commissione propone di pagare 500 milioni chiedendo che gli altri 2,5 miliardi vengano sborsati dai governi, che però non ne vogliono sapere. Quando alla riapertura dei negoziati di adesione, viene indicato un solo capitolo (politica economica) mentre vengono stralciati gli altri cinque su richiesta di Cipro e Grecia che non vogliono promettere troppo ai turchi. Sul tavolo anche l’impegno europeo di prendersi carico di parte dei rifugiati accolti in Turchia in cambio della chiusura delle rotte migratorie. La Merkel ha riunito i leader di Austria, Svezia, Finlandia, Olanda, Belgio, Lussemburgo e Grecia e la stampa tedesca ha parlato di un numero tra i 100 e i 400mila richiedenti asilo che verrebbero redistribuiti tra i Ventotto. Il premier olandese Mark Rutte ha però smentito la cifra. Visto il ritardo con il quale i governi stanno procedendo allo smistamento di 160mila siriani sbarcati in Italia e Grecia, a Bruxelles ci si aspetta che i numeri finali saranno ben più contenuti.
Nella dichiarazione finale non vengono stigmatizzati i diritti umani violati, l’ambiguità della politica di Erdogan in Siria, la libertà di stampa sotto pressione e la tensione con Putin.
Gli europei però sperano che la riattivazione dei rapporti politici con Ankara possa addolcire Erdogan. Le critiche al Sultano vengono poste solo da alcuni leader e dall’Alto rappresentante Federica Mogherini. Arrivando a Bruxelles Renzi premette: «Teniamo alta l’asticella sui diritti umani». Nel vertice afferma di avere con sé la lettera ai leader Ue dei due giornalisti turchi imprigionati da Erdogan per avere scavato sui rapporti tra Ankara e Daesh: «Non possiamo far finta che non ci sia così come non è possibile far finta di nulla sulla questione curda». Renzi con la stampa parla anche di Siria, difendendo la scelta di non bombardare senza prima avere una strategia politica: «La posizione italiana è la più forte in prospettiva, le grandi crisi non si risolvono con qualche dichiarazione muscolare, ci vuole la diplomazia».