by Tommaso Di Francesco, il manifesto | 28 Novembre 2015 10:00
Ma allora è possibile? E’ possibile che un governo occidentale diserti una nuova guerra, dica no ad aggiungere un intervento armato alla litania di conflitti nei quali siamo presenti militarmente? Matteo Renzi da Hollande a Parigi e Paolo Gentiloni al vertice parlamentare della Nato a Firenze, dicono no alla partecipazione all’ennesima coalizione di volenterosi impegnati più o meno in una nuova guerra di vendetta in Siria che nulla risolverà creando ulteriori stragi, rovine e divisioni, producendo alla fine nuova guerra.
Qualcuno rimarrà stupito da questo nostro riconoscimento al governo italiano, ma diversamente non diremmo la verità. Soprattutto noi che siamo strenuamente e senza ritegno contro ogni guerra, impegnati nella difesa della Costituzione, che all’articolo 11 recita: «L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Un articolo spesso cancellato da chi, come l’ex presidente Napolitano, avrebbe dovuto salvaguardarlo come presidio prezioso di democrazia. E’ possibile dunque contraddire quel “militarismo umanitario” che ha modificato alla radice la natura stessa della sinistra, italiana e internazionale.
Per questo corriamo il rischio di essere smentiti, a ore o a giorni. Perché, come denuncia il papa, questo mondo di trafficanti di armi “delinquenti” (a Finmeccanica devono essere fischiate le orecchie) «non riconosce la strada della pace ma vive per fare la guerra, con il cinismo di dire di non farla»: e qui Renzi (con tutto il Pd) deve essersi sentito chiamato in causa. Se il no alla guerra fosse convinto, perché allora restiamo in guerra in molti scenari internazionali?
L’affermazione di Renzi: «Non solo impegno militare ma cultura», propone uno scambio ineguale tra F-35 e biblioteche davvero riprovevole. E il ministro Gentiloni, quando in parlamento dichiara: «Ma noi siamo solo il sesto partner commerciale con Riyadh», non risponde certo alle interrogazioni che gli chiedono ragione del commercio di armi italiane con la petromonarchia — medioevale e criminale quanto a diritti umani — dell’Arabia saudita che, proprio con le nostre bombe sta massacrando gli sciiti in Yemen. Proprio quando i regimi del Golfo dovrebbero essere isolati per il loro sostegno alla guerra e allo Stato islamico.
Per convincere su “basta guerra” Renzi deve spiegare almeno tre agende. Quella dell’Afghanistan, dove abbiamo deciso di allungare la missione militare con un “signorsì” alle pressioni della Casa bianca, nello stesso giorno in cui il premier canadese Trudeau ritirava il contingente di Ottawa: un’altra guerra di vendetta dopo l’11 Settembre – dura ormai da 14 anni, più del Vietnam , con i talebani all’offensiva e massacri di civili. A proposito, si è fatto sentire l’assordante silenzio del governo italiano sulla strage Nato di Kunduz, di medici e paramedici di Médecins Sans Frontières.
Inoltre diamo rinnovato sostegno militare ad Israele, «sola luminosa democrazia del Medio Oriente», dice Renzi, , dimenticando l’occupazione in armi dei Territori palestinesi dal 1967, come denunciano due Risoluzioni storiche dell’Onu, mentre il governo d’estrema destra di Netayahu ha ultimato la trasformazione dei Territori occupati in un alveare di colonie, presidi militari, Muri, ghetti e blocchi che rendono impossibile la nascita dello Stato di Palestina, al di là delle chiacchiere sui due Stati. Infine, non è confortante la dichiarazione «non vogliamo una Libia bis», quando invece della “guerra in comune” in Siria prepariamo una nuova avventura in Libia «contro gli scafisti», mentre si annuncia a priori, come ha fatto Mister Pesc Federica Mogherini, i «dolorosi effetti collaterali che produrrà». Il fallimento del lavorio per un governo unitario, utile solo a trovare un interlocutore che prepari universi concentrazionari per profughi e migranti, dice che il disastro della guerra a Gheddafi è incolmabile. E che rischiamo di fare proprio in Libia un’altra Libia bis.
Resta da chiedersi perché il governo Renzi stavolta diserti. C’è probabilmente la consapevolezza che la distruzione con le guerre occidentali di tre Stati mediorientali fondamentali, come Iraq, Siria e Libia sia all’origine del radicalismo islamista estremo; come l’evidenza del peso insopportabile della spesa annuale militare italiana: 29,2 miliardi di euro, equivalenti a 80 milioni di euro al giorno, a fronte dei tagli “necessari” a sanità e lavoro, con ormai l’impossibilità di convincere i governati su questa spending vergognosa. Senza escludere il peso tutto politico della “rifondazione cristiana” avviata da Bergoglio, che non può non riecheggiare al presidente del consiglio l’ amato La Pira. Purtuttavia resta fortissima la tentazione della guerra e della politica ridotte ad alleanza militare “umanitaria”.
Visto il ruolo atlantico dell’Italia, non è un cambiamento d’orizzonte, ma di casacca. Andiamo a vedere, con l’iniziativa dei movimenti, cosa c’è sotto il nuovo vestito di scena del potere. Oggi chi lotta per la pace è più forte non più debole.
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