Passati 40 anni di conventio ad excludendum si è infine «rotto un tabù e si è abbattuto un muro» dice Antonio Costa nel suo intervento all’Assembleia da Repubblica durante il dibattito per l’approvazione della mozione di sfiducia. Passo dopo passo, con grande pazienza, tenacia, coraggio e determinazione il percorso di una alleanza frentista sembra stia per diventare realtà.
Le sinistre, unite per la prima volta, hanno gridato un assordante «no» a Pedro Passos Coelho, uno dei simboli più visibili della politica austeritaria europea e che, nella sua variante lusitana, ha mostrato una intransigenza non inferiore a quella del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble.
Dopo settimane di incertezze la lunga discussione alla camera dei deputati di ieri è stata certamente catartica. Nel principale organo rappresentativo della sovranità popolare, dopo contrattazioni avvenute in modo perlopiù discreto, si sono messe in chiaro le ragioni che hanno portato all’intesa quattro forze politiche — Partido Socialista (Ps), Partido Comunista Português (Pcp), Bloco de Esquerda (Be) e Partido Ecologista os Verdes (Pev) — che sono state, restano e resteranno molto differenti tra di loro. Convergenze parallele di una sinistra — soggiunge Costa — orgogliosamente plurale.
Il segretario Ps affronta a viso aperto una delle maggiori critiche che arrivano da chi si è battuto affinché una maggioranza alternativa a quella della Coligação non fosse costruita: «Essere contro la Nato, l’Euro e le politiche energetiche non implica che non si possa trovare un terreno comune di mediazione.
Un accordo che parte dal presupposto di come sia ora necessario voltare definitivamente pagina al radicalismo ideologico che ha animato la coalizione di destra e inauguri un nuovo ciclo politico che ridia speranza e un futuro di fiducia». È finita l’èra del «cinismo di classe — dice Jeroninmo de Sousa segretario generale del Partido Comunista Português — per cui si finge di parlare in nome del paese per poi occuparsi degli interessi di una piccola minoranza».
Questa destra non solo ha applicato pedissequamente il memorandum con la Troika, ma lo ha reinterpretato in una chiave tanto estensiva da non lasciare nessun settore escluso da una rimodulazione dei rapporti tra lo stato e il cittadino. I bilanci, dice Catarina Martins, sono stati soltanto la punta di un iceberg, perché è il contratto sociale stesso ad essere stato alterato.
Ed é per questo, continua la portavoce del Be, che oggi la destra è isolata nel parlamento, perché in questi anni essa è stata isolata nel paese.
Ultimo a pronunciarsi, prima della votazione finale, è un Passos Coelho che sembra riemergere da un passato ormai superato. Minoritario all’Assembleia, nominato nonostante fosse chiaro che le sinistre, maggioritarie, intendevano farsi governo, si considera purtuttavia vittima, vittima di un parlamento che non gli vuole riconoscere una vittoria mai ottenuta.
Ora il lato orientale e quello occidentale del continente sembrano incamminarsi verso una strada di rifiuto pragmatico ma deciso delle politiche iperliberiste.
Un governo di sinistra anti-austerità — afferma Panos Trigazis membro del comitato centrale di Syriza in una dichiarazione inviata all’agenzia Lusa — rappresenta un sostegno indispensabile agli sforzi portati avanti da Atene a livello europeo.
È inoltre un contributo essenziale per la creazione di una base programmatica anti-austerità e rafforza l’aspettativa di sviluppi simili nella vicina Spagna alle prossime elezioni del 20 dicembre.