“Not in my name”: comunità in piazza a Roma e Milano. “Ma lasciateci costruire le moschee ”

“Not in my name”: comunità in piazza a Roma e Milano. “Ma lasciateci costruire le moschee ”

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ROMA. Un migliaio a Roma in piazza Santi Apostoli, altrettanti a Milano in piazza San Babila. L’Islam italiano scende in strada con i rappresentanti delle sue comunità, con gli imam, con i fedeli ma la partecipazione ai sit-in (complice il maltempo) non raggiunge i grandi numeri. La voce dei musulmani che vivono nel nostro Paese (oltre un milione e duecentomila persone) si alza per dire “Not in my name”, lo slogan del movimento per la pace contro i bombardamenti in Iraq del 2003, utilizzato ora dall’Islam per prendere le distanze dalle stragi del Venerdì 13. In piazza si urlano tanti “no”: «No al terrorismo», «No alla paura» e «No Isis» sono gli slogan di quella romana. Mentre da Milano si chiede il «riconoscimento delle moschee — scandisce al megafono Davide Piccardo, del coordinamento associazioni islamiche — perché così ci sarebbe maggiore sicurezza per tutti». Il piccolo palco a Santi Apostoli è affollato di oratori, tutti uomini, a partire da Abdellah Radouane, segretario della Grande Moschea di Roma: «Il terrorismo non può continuare a colpire ovunque in nome dei musulmani — dice — e da qui vogliamo che il mondo ci ascolti». Viene letto il messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Gli assassini vogliono piegarci facendoci rinunciare ai valori di solidarietà e al nostro umanesimo. Noi non ci piegheremo — scrive il capo dello Stato — I tanti cittadini italiani di fede musulmana che in voi si riconoscono, insieme ad altri fedeli che vivono e lavorano nel nostro paese, sono e devono sentirsi parte di questa comune battaglia contro il terrore». In mattinata Mattarella, dalle colonne del Foglio, aveva anche ricordato come «la strage di Parigi è il diretto risultato della predicazione dell’odio contro il diverso e delle persecuzioni che le minoranze religiose e, in particolare, i cristiani, soffrono nel mondo». Sotto la pioggia che bagna la capitale, le uniche bandiere sono quelle della pace e della comunità di Sant’Egidio che col suo presidente, Marco Impagliazzo, ricorda che «nessuna guerra è santa, solo la pace è santa». Ci sono anche i politici, da Pier Ferdinando Casini a Fabrizio Cicchitto, dal segretario dei Radicali Riccardo Magi a una delegazione di Sinistra Italia, capeggiata da Stefano Fassina, fino alla segretaria della Cgil Susanna Camusso e al leader della Fiom Maurizio Landini. Gli occhi, però, sono puntati sui tanti rappresentanti delle comunità islamiche, sui numerosi giovani, anche, sulle tante ragazze musulmane, con velo e senza. Ai giovani si rivolge l’imam di Verona, Mohamed Guerfi, portavoce dell’Associazione nazionale degli imam: «Non dovete ascoltare quello che vi dicono su internet, il male arriva anche da lì». «Noi faremo la nostra parte — dice Abdallah Massimo Cozzolino, segretario della confederazione che raccoglie 300 moschee — ma una parte della popolazione italiana e della stampa non deve soffiare sul fuoco descrivendoci come responsabili del terrorismo». E mentre la piazza si svuota, l’imam di Terni, kefiah al collo, Corano in tasca, sventola la bandiera dell’Europa.


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