Il ministero della Difesa russo ha annuciato che l’incrociatore Moskva avanzerà verso Latakia per rafforzare la difesa contraerea. Ma con il passare delle ore, e dopo molte consultazioni con i governi occidentali, Putin ha deciso di fermarsi ed aspettare. Si accontenta di aver messo in chiaro le cose sui rapporti con la Turchia e denunciato ancora una volta pubblicamente quello che in Russia tutti danno per scontato: «Ankara protegge molti terroristi». In particolare quelle formazioni integraliste composte da turcomanni di Siria e da molti volontari del Caucaso russo che combattono a fianco del Califfato e che fino a qualche tempo fa sono state protette e armate dall’Occidente in funzione anti Assad.
E’ il nodo fondamentale della questione che sta paralizzando ogni tentativo di formare una coalizione compatta contro l’Is. E che vede nei turchi l’ala più estrema e meno elastica dello schieramento Nato. Lungo il confine turco gli aerei russi danno sin dal primo giorno la caccia a formazioni di ribelli che si tengono il più vicino possibile al territorio turco per sfuggire ai raid. Un confine “poroso”, dice Putin. «Completamente aperto e ospitale per i terroristi», dicono molto più chiaramente i militari russi. Gli aerei di Mosca inseguono i jahidisti percorrendo una linea sottilissima e rischiando ogni giorno possibili sconfinamenti.
E la fiscalità del governo turco sui presunti sconfinamenti, viene considerata dal Cremlino un’altra prova della malafede di Ankara. Già tre volte dall’inizio dei bombardamenti sono fioccate proteste e minacce nei confronti dell’aviazione russa. Lo stesso sconfinamento di ieri sarebbe stato «di pochi secondi e di meno di un chilometro» secondo fonti del Pentagono ampiamente riportate dai media di Mosca. «Comunque sia andata – dice un alto ufficiale del ministero della Difesa – seppure un’ala del nostro Sukhoj avesse toccato i cieli turchi, la reazione sarebbe esagerata e gravemente sospetta».
Ma perchè Ankara dovrebbe spingersi a gesti così eclatanti e pericolosi? Secondo Mosca i motivi sarebbero tanti, dal doppio gioco di Erdogan con gli islamici estremisti, denunciato da Putin all’ultimo G20, fino alla insofferenza per il ruolo dominante assunto dall’aviazione russa in tutta l’area. Adesso il Cremlino spera in un intervento occidentale e americano in particolare. Le prime dichiarazioni di Obama («Mosca cambia i suoi obiettivi in Siria») non hanno fatto un bell’effetto ma in questi casi più che le frasi ufficiali contano i contatti dietro le quinte che procedono senza soste. Intanto le più grandi compagnie turistiche russe hanno chiuso i rapporti con la Turchia minacciando perdite clamorose per le strutture alberghiere di Ankara. I deputati della Duma si esercitano nel suggerire ritorsioni di ogni tipo dalle sanzioni economiche, agli attacchi aerei contro gli autori della «pugnalata alle spalle». Puro folklore in attesa di decisioni a livello più alto che appaiono molto difficili. Gennadj Gudkov, deputato di Russia Giusta, ex colonnello del Kgb, descrive la situazione con un termine degli scacchi: «Zugzwang, quando il giocatore a cui tocca muovere è destinato comunque a una grande perdita o addirittura alla sconfitta».