La più giovane aveva diciassette anni, il più anziano sessantotto. Francesi, ma non solo, diciotto nazionalità appaiono tra i “martiri” così come li chiama François Hollande, seduto solo davanti alle famiglie in lutto che non si vedono mai. L’Eliseo ha dato ordine alle televisioni di non riprendere i parenti per rispettare il loro dolore.
Nel cortile degli Invalides, il grande ospedale militare voluto da Napoleone, sfila uno spaccato della Francia, quel mosaico di nomi e volti sorridenti a cui i media dedicano da giorni una Spoon river che suscita commozione e interesse: i necrologi pubblicati sono tra gli articoli più letti, a confermare il bisogno di incarnare, ridare umanità all’orrore.
Non terroristi ma «un’orda di assassini» che ha ucciso in nome «una causa folle e di un Dio tradito». Hollande sembra di ghiaccio nel suo discorso sobrio. Solo musica e poche parole per l’omaggio organizzato due settimane dopo gli attentati. Mai applausi, mai note stonate negli spalti dove sono seduti accanto Marine Le Pen del Front National e Jean-Luc Mélenchon del Front de Gauche, il leader dei Républicains Nicolas Sarkozy e il sindaco socialista Anne Hidalgo. Le canzoni di Jacques Brel e Barbara, la Marsigliese che apre e chiude la cerimonia, il “Va’ Pensiero” di Verdi che accompagna l’uscita delle autorità. Alle 10.30 del mattino, sugli spalti ci sono oltre duemila persone, a tutti è stato dato un plaid nero per resistere al freddo. La vicina Tour Eiffel è inghiottita dal cielo grigio. La cerimonia non è aperta al pubblico. Hollande ha chiesto ai francesi di mettere il tricolore alle finestre, ma pochi l’hanno fatto, anche perché le bandiere non si trovano, i produttori sono stati colti di sorpresa da ritorno, seppur timido, del patriottismo.
«Contro il terrorismo – ha detto Hollande – il fracasso della musica continuerà, moltiplicheremo le canzoni, le concerti e gli spettacoli, continueremo ad andare allo stadio». Vivere con tenerezza, vivere e dare con ebbrezza, dice la canzone di Barbara interpretata da NathalieDessay, la soprano che per una volta ha la voce spezzata. E’ ai ragazzi, quelli che non ci sono più e quelli che devono guardare al futuro, che si rivolge soprattutto Hollande. Generazione Bataclan, dal nome del teatro in cui sono morte 89 persone. «Nonostante le lacrime – dice il presidente – questa generazione è diventata il volto della Republique». Una generazione falciata ma già simbolo dell’«amore della vita» che sioppone al «culto della morte».
Due settimane dopo gli attacchi, è il momento di dire addio alle vittime per ricominciare. «La Francia – ha promesso Hollande – resterà se stessa così come l’avevano amata coloro che sono scomparsi».
Poi un’altra promessa: «Faremo di tutto per distruggere l’esercito di fanatici che ha colpito al cuore il nostro paese». Tra i parenti delle vittime, tenuti in una tribuna separata, alcuni erano assenti. Il giornalista Eric Ouzonian aveva una figlia al Bataclan e ha accusato i dirigenti politici di «grave responsabilità », rimproverando la «disastrosa politica» della Francia in Medio Oriente. Un altro giornalista, Jean-Marie Peretti, padre di Aurelie, 33 anni, anche lei uccisa, non è andato alla cerimonia. «Ricordo gli attentati di gennaio – ha detto – dal giorno dopo ci sono stati annunci a effetto, la sicurezza sembrava diventata una causa nazionale. Poi non è stato fatto niente». Ha disertato la cerimonia anche Emmanuelle Prevost, che ha perso un fratello al Bataclan. «Grazie signor Presidente – ha detto – ma il vostro omaggio noi non lo vogliamo e vi consideriamo responsabili di quello che ci succede».