La proposta di Boeri (Inps) sulle pensioni: taglio fino al 12% sopra quota 80 mila euro
Le proposte del presidente dell’Inps Tito Boeri sono state presentate a Palazzo Chigi nel giugno scorso. Dopo lunga riflessione non sono entrate nel disegno di legge di Stabilità. Ma il governo ha detto che se ne riparlerà l’anno prossimo e le idee di Boeri saranno di nuovo sul tavolo. In teoria sono ancora riservate, in sostanza sono queste.
Dei vitalizi ai politici ha parlato lo stesso Boeri in televisione, intervistato ieri da Lucia Annunziata per il programma In mezz’ora di Raitre. Il taglio sarebbe progressivo: più alto è il vitalizio più alta è la percentuale di taglio. Ma l’operazione è più simbolica che di sostanza: i risparmi sarebbero minimi. Il grosso verrebbe dal taglio delle pensioni più alte dei lavoratori «normali». Anche in questo caso la sforbiciata sarebbe progressiva. E potrebbe essere affiancata, per alcune categorie, da una revisione del cosiddetto coefficiente di trasformazione, la formula che consente di calcolare la pensione a partire dai contributi versati. Una revisione al ribasso, naturalmente, che abbasserebbe l’importo di alcuni assegni generando altri risparmi per lo Stato. Di questo, in tv, Boeri ha parlato solo in linea generale. Dicendo che ci sono «dirigenti di aziende, personale delle Ferrovie dello Stato» e altre categorie che «hanno avuto trattamenti di riguardo, soprattutto rispetto a quando andare in pensione». In tutto «una platea piccola, circa 200 mila persone». Interventi del genere, in passato, sono stati bocciati dalla Corte costituzionale perché violavano il principio dei cosiddetti diritti acquisiti, e cioè il patto fra cittadini e Stato che viene chiuso al momento del pensionamento. Non ci sarebbe lo stesso rischio stavolta, a maggior ragione visto che le proposte non avrebbero una durata di qualche anno ma sarebbero stabili? Secondo la proposta Boeri no, perché tutti i risparmi sarebbero destinati allo stesso sistema pensionistico. I soldi risparmiati servirebbero a finanziare la famosa flessibilità in uscita, cioè la pensione anticipata con l’obbligo di accettare un assegno più basso rispetto a quello normale. La riduzione sarebbe pari al 3% per ogni anno di anticipo rispetto ai limiti fissati dalla Legge Fornero. Il meccanismo, però, non sarebbe utilizzabile da chi ha una pensione bassa, sotto i 15/20 mila euro lordi l’anno. E questo per evitare che la flessibilità finisca per generare nuove situazioni di povertà.
I soldi risparmiati con gli interventi sulle pensioni più alte servirebbero poi a finanziare altri tre interventi. Il primo è rendere meno cara la ricongiunzione dei contributi, per chi ne ha versati in casse diverse. Il secondo è reintrodurre l’integrazione al minimo, cancellata dalla vecchia riforma Dini, cioè l’aggiunta di soldi da parte dello Stato per far arrivare l’assegno a 500 euro anche quando i contributi non bastano. Il terzo intervento, collegato alla riforma del settore dell’assistenza, è la creazione di un reddito minimo per gli over 55 anni che restano senza lavoro.
Un disegno organico, insomma. E proprio per questo ieri Boeri ha ripetuto in tv che la «nostra idea è che vada fatta un’ultima riforma delle pensioni». E ha attaccato, invece, su uno dei pochi capitoli entrati nel disegno di legge di Stabilità, e cioè gli esodati, i lavoratori che rischiano di rimanere senza stipendio e senza pensione. Nella Stabilità ci sarà la settima salvaguardia, cioè un nuovo intervento per consentire ad alcuni di loro di andare in pensione con le vecchie regole: «Non penso che il tema — ha detto Boeri — sia stato del tutto risolto perché è stato affrontato in modo tale per cui rischiamo di avere uno strascico. Già ci sono forti pressioni per una ottava salvaguardia». Il ddl di Stabilità riguarda 31 mila esodati, per i sindacati quelli da aiutare sono 50 mila. L’esperienza ci dice che finora non si è allargato solo il numero delle persone coinvolte. Ma anche le maglie dell’intervento, cioè i criteri stessi che definiscono la categoria degli esodati.
Lorenzo Salvia
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