TEL AVIV. La piazza era colma quasi come in quel maledetto 4 novembre 1995, quando tre colpi di una Beretta 84F sparati da un estremista religioso misero fine alla vita del premier Yitzhak Rabin mentre lasciava un palco del tutto simile a quello eretto ieri sera per il ventesimo anniversario del suo assassinio, che ha significato forse anche la morte del processo di pace che lui stesso aveva avviato. Nessun simbolo politico né bandiere di partito nella piazza, svetta qualche cartello con un’unica parola: “Pace”. A ricordare venti anni dopo quel sogno forse infranto definitivamente gli amici di allora che furono con Rabin gli artefici di quella distensione che portò alla firma della pace alla Casa Bianca nel 1993. L’anziano presidente emerito Shimon Peres, che allora era ministro degli Esteri, l’ex premier Ehud Barak che quel testimone provò a raccogliere con scarso successo, l’ex presidente americano Bill Clinton. «Tocca a voi decidere se i rischi della pace sono inferiori a quelli che si corrono allontanandosi da essa — ha detto l’ex presidente Usa — ma dovete lavorare con i vostri vicini». Anche il presidente Barack Obama, che ha speso buona parte del suo doppio mandato alla ricerca di una spinta che potesse far ripartire il dialogo fra israeliani e palestinesi, ha voluto mandare un suo videomessaggio per dire che la speranza non è finita. Ad ascoltarli decine di migliaia di persone, tantissimi giovani e ragazzi che di quella stagione di speranze hanno solo sentito parlare.
Oggi, nel bel mezzo di una nuova protesta palestinese sanguinosa e violenta, sono in molti in Israele a chiedersi se la pace sarà mai possibile. Lo scontro sull’eredità di Rabin è ancora duro fra liberali e conservatori, laici e religiosi, ma nessuno sa davvero cosa sarebbe successo se Rabin fosse sopravvissuto ai colpi sparati da Yigal Amir, un giovane assassino arrivato dai ranghi più oscuri della religione, fatta di un’avanguardia di ebrei zeloti, elitari e fanatici, cresciuti in yeshiva isolate sulle colline della Cisgiordania. In quei mesi del 1995 l’opposizione guidata da Benjamin Netanyahu inscenava manifestazioni dove Rabin era ritratto con la kefiah palestinese o in uniforme nazista. Per i ferventi religiosi era un traditore da uccidere. Ma era quasi impensabile a quel tempo in Israele pensare che un ebreo potesse uccidere un altro ebreo. Gli estremisti religiosi minacciano ancora i politici, incitano alla violenza e attaccano ebrei laici e arabi. Puntano alto. Come al presidente Reuven Rivlin, che anche ieri sera ha denunciato il clima di razzismo e odio.