Il sacrificio della Francia

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PARIGI. Mattinata ad alta tensione a Saint-Denis, dove alle 4,20 del mattino e per quasi otto ore 110 tra poliziotti del Raid e militari hanno preso d’assalto un appartamento in pieno centro, non lontano dalla Basilica, dove erano presenti persone sospette. Più di 15mila cittadini sono rimasti bloccati in casa, in un quartiere sopraffatto dal clima di paura. Una donna kamikaze si è fatta esplodere, non è ancora stata ufficialmente identificata, ma potrebbe trattarsi della cugina del ricercato numero uno, il “belga” Abdelhamid Abaaoud, che non appare tra i fermati, secondo il Procuratore della Repubblica di Parigi, François Molins.

Non ci sarebbe neppure l’altro grande ricercato, Salah Abdeslam, presunto autore dell’attacco nell’11° arrondissement venerdì scorso. Un altro terrorista è stato ucciso, non ancora identificato, ma il numero dei morti potrebbe essere maggiore, otto persone sono state fermate, dopo ore di un intervento di rara violenza. È anche morto Diesel, un cane poliziotto. Molins ha sottolineato che il commando che è stato neutralizzato ieri dopo lunghe ore di intervento era pronto a un’altra azione terrorista.
Due appartamenti sono stati al centro dell’intervento ieri a Saint-Denis, individuati grazie a testimoni ma anche attraverso un telefonino trovato in una pattumiera vicino al Bataclan, con un sms, venerdì prima degli attacchi terroristici del 13 novembre: «Andiamo, cominciamo».

In questa giornata convulsa, Hollande ha ottenuto una vittoria: a Bruxelles, Jean-Claude Juncker ha concesso che le «spese per la sicurezza della Francia devono essere escluse dai calcoli che rientrano nel campo delle regole della Ue sui deficit». Il governo ha presentato il testo del progetto di legge per il prolungamento dello stato di emergenza, che sarà sottoposto oggi al voto dell’Assemblea, domani al Senato. Entrerà in vigore dal 26 novembre, cioè allo scadere del primo decreto preso nella notte tra il 13 e il 14 novembre, dopo gli attentati. Ci vorrà un altro decreto per mettervi fine. Il testo comporta modifiche rispetto alle legge del ’55. Gli arresti ai domiciliari, che potranno venire decisi in modo extragiudiziario, riguarderanno «persone nei confronti delle quali esistono serie ragioni di pensare che il comportamento costituisca una seria minaccia per l’ordine pubblico». Basteranno dei sospetti sul «comportamento», le «frequentazioni», delle «affermazioni», o «progetti» di cui sia venuta a conoscenza la polizia. Sarà la polizia a decidere il domicilio coatto e la frequenza dell’obbligo di presentarsi al commissariato più vicino (fino a tre volte al giorno). Potranno venire sequestrati passaporti e carte di identità. Questa misura, da cui sono esplicitamente esclusi magistrati, avvocati e giornalisti, si avvicina molto alla richiesta più estremista della destra, che voleva che tutti gli schedati «S», tra cui ci sono le persone sospettate di essere in via di radicalizzazione islamista, fossero «internati» o dotati di braccialetto elettronico. Lo stato d’emergenza permetterà anche di sciogliere d’ufficio associazioni o gruppi che «partecipano, facilitano o incitano ad atti che colpiscono l’ordine pubblico». Nel mirino, i salafisti.

Ieri, il clima al Parlamento è stato meno teso della vigilia, dove lo scontro politico, in vista delle elezioni regionali del 6 e 13 dicembre, era scaduto in uno scontro dai toni violenti. I deputati si sono presentati con un fiordaliso, in omaggio alle vittime degli attacchi. Manuel Valls ha fatto riferimento all’«islamismo», come sfondo della deriva terrorista, mentre Hollande non aveva pronunciato questo termine, per evitare di gettare olio sul fuoco delle divisioni della società — e per questo era stato severamente criticato dalla destra.
François Hollande, di fronte ai sindaci di Francia riuniti, ha invitato a «non cedere alla tentazione del ripiego, alla paura della stigmatizzazione». Ha lanciato di nuovo un appello all’«unità nazionale» in una Francia che è «nella guerra». Il presidente ha ricordato che la Francia continuerà ad «accogliere i rifugiati», ma ha precisato che lo farà solo dopo «verifica che non ci siano rischi» (è stato trovato un passaporto siriano travisato vicino al corpo di un kamikaze allo Stade de France). Ma per rassicurare i sindaci, Hollande ha annunciato che le 3.900 polizie municipali di Francia potranno venire armate (con armi della polizia). Il presidente ammette che la legge «restringe le libertà», ma promette che è solo per meglio ritrovarle domani.

La svolta securitaria di Hollande ha spiazzato l’opposizione. Ma la tensione nel paese dopo gli attentati ha chiuso la bocca alla sinistra. Dopo la valanga di accuse e di proposte al limite del fascismo di martedì all’Assemblea, culminate con la retorica del deputato Laurent Wauquiez (dei Républicains) «niente libertà per i nemici della libertà», ripresa da Saint-Just, la destra ha moderato i toni. Nicolas Sarkozy, che non può che constatare che Hollande sta applicando le sue teorie, insiste solo sui tempi: «Perché così tardi? Perché questo non è stato fatto prima?», cioè dopo Charlie Hebdo. Con questo cambiamento di tono, Hollande potrà riuscire a far passare anche la sua riforma costituzionale, contestata dai costituzionalisti, perché le restrizioni di libertà, ora dovute allo stato di emergenza, verranno introdotte nella Carta fondamentale. La sinistra socialista non ha più voce. Come far sentire un’altra posizione, quando il paese è nell’angoscia e si susseguono voci incontrollate di nuovi attacchi?

Il terrorismo e la war on terror spengono il dissenso. Ieri, era ben isolato il deputato comunista François Asensi nel chiedere al governo di introdurre nella lotta necessaria contro Daesh anche un’azione per prosciugare le fonti finanziarie del terrorismo, comprendendo stati sospetti di doppio gioco come Arabia saudita e Qatar, in questi giorni invitato d’onore in Francia per l’inaugurazione del Salone della sicurezza interna. La battaglia resta strabica, gli interessi economici restano predominanti.

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