I nipoti del presidente venezuelano Maduro arrestati negli Usa per 800 kg di coca

by redazione | 13 Novembre 2015 10:59

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RIO DE JANEIRO Da tempo le autorità antidroga Usa sospettano che il Venezuela sia diventata una prateria senza controlli del traffico di cocaina, anche grazie alle complicità con pezzi dell’esercito e del potere politico. Ora l’arresto di due giovani a Haiti con l’accusa di voler trasportare addirittura 800 chili di polvere bianca negli Stati Uniti arriva dritto al vertice del regime chavista.
I due sono Efrain e Francisco Flores, entrambi nipoti della moglie del presidente Nicolás Maduro. Il primo quasi un figlio per il leader venezuelano, essendo cresciuto con la coppia. Entrambi, poi, avevano in tasca un passaporto diplomatico, forse convinti così di sfuggire ai controlli. Invece il governo di Haiti ha eseguito l’ordine di cattura della Dea (l’agenzia antidroga Usa) che già li aveva infiltrati, e poi immediatamente accolto la richiesta di estradizione di un tribunale Usa. Il tutto è avvenuto qualche giorno fa, ma è stato rivelato ieri dal Wall Street Journal . I due si trovano già a New York e hanno risposto ad un primo interrogatorio, nel quale — ma non ci sono conferme — avrebbero confessato di aver ricevuto la cocaina da emissari di Diosdado Cabello, il potente presidente del Congresso, numero due del regime, e da un governatore chavista.
Di un legame di Cabello con i cartelli incaricati di far passare la cocaina dalla Colombia verso gli Usa si parla da tempo, ma la giustizia Usa non è mai arrivata a una incriminazione formale. Dipendendo dalle indagini sui due giovani potrebbe essere arrivato il momento, per quanto delicata sia una azione contro la seconda carica di uno Stato straniero.
Fino a questo momento i due Tribunali Usa più attivi sulla Venezuela connection, New York e Miami, si sono spinti all’accusa formale contro due alti ufficiali antidroga della polizia venezuelana. Altri militari sono finiti nella lista del Tesoro, sospettati di integrare un cartello chiamato «de los Soles», composto appunto da pezzi grossi del regime chavista.
Maduro ieri era in Svizzera, a deporre in una commissione Onu sui diritti umani, e ha twittato che «la Patria continuerà il suo cammino, e non la fermeranno certo le imboscate imperialiste».
La notizia non è quasi apparsa sui media venezuelani, in gran parte controllati dal governo, ma le sparute reazioni ufficiali parlano di complotto senza fondamento, con l’obiettivo di influire sulle prossime elezioni. Cilia Flores, la moglie di Maduro e zia dei due detenuti, è una figura fondamentale del ventennio chavista, e a lungo ha avuto più potere del marito. Avvocata, si definisce la «primera combatiente», linea dura della rivoluzione bolivariana.
Il prossimo 5 dicembre Cilia Flores sarà la candidata più prestigiosa del regime alle legislative, che i sondaggi prevedono possano trasformarsi in una disfatta per il regime, vista la gravità della crisi economica.
Rocco Cotroneo
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