E adesso i profughi rischiano di pagare le atrocità dell’Isis
Le conseguenze degli attentati di Parigi rischiano adesso di ricadere pesantemente anche sulle decine di migliaia di profughi che cercano ogni giorno di entrare in Europa, vittime anche loro, seppure in maniera indiretta, dei terroristi dell’Is. Già in difficoltà nel ricollocare i richiedenti asilo tra i paesi membri, l’Unione europea dovrà presto fare i conti con le rinnovate resistenze di quei governi che finora si sono opposti alla sola idea di accogliere i migranti all’interno dei propri confini e che utilizzano la tragedia francese per rafforzare il loro rifiuto. Se si tratta di preoccupazioni eccessive oppure no lo si capirà venerdì prossimo, quando a Bruxelles si terrà il consiglio Gai — il primo dopo gli attentati -, dove i ministri degli interni dei 28 discuteranno di immigrazione e terrorismo.
Già il fatto che due questioni così cruciali per l’Europa vengano affrontate insieme non induce all’ottimismo. In più i segnali che arrivano dai paesi dell’est, da sempre i più duri nei confronti dei migranti, confermano che la discussione sarà a dir poco accesa. Il nuovo governo nazionalista che si sta formando in Polonia ha infatti già annunciato di non voler far fronte alla richiesta della Commissione europea di accogliere 7.000 migranti nei prossimi due anni. «Non è solidarietà il tentativo di esportare il problema creato da altri stati», ha detto la neo premier Beata Szydlo, con quello che sembra essere un chiaro riferimento alla cancelliera Merkel. Più esplicitamente il futuro ministro per gli affari europei, Konrad Szymanski, ha escluso «la possibilità politica di rispettare» gli impegni su ricollocamento dei rifugiati. Analogo il messaggio inviato a Bruxelles dal parlamento ungherese che due giorni fa, grazie anche ai voti degli estremisti del Jobbik, ha approvato una legge che permette al governo di ricorrere presso la corte di giustizia Ue contro le quote obbligatorie volute dalla commissione di Jean Claude Juncker. Ma più di tutti hanno fatto esponenti dei governi ceco e slovacco, alimentando la paura generata dagli attacchi di Parigi che tra i migranti si possano nascondere commando di terroristi: «Si è avverata la brutta premonizione che nell’ondata di migranti lo stato islamico inviasse in Europa i suoi combattenti con l’obiettivo di assassinare la nostra gente» ha detto il vicepremier ceco Andrej Babis. L’equazione profugo arabo = terrorista, sulla quale soffiano da giorni i populisti di tutta Europa, è dunque destinata probabilmente a tenere banco venerdì a Bruxelles. Un’equazione rafforzata dal ritrovamento sul corpo di uno dei terroristi uccisi a Parigi, di un documento intestato a un profugo siriano registrato al suo arrivo a ottobre in Grecia ma che con ogni probabilità è falso.
Come spesso accade, chi avrebbe tutto il diritto di gridare più forte — in questo caso Parigi — è quello che invece si mostra più razionale. Finora le autorità francesi si sono infatti limitate a chiedere a Italia e Grecia di rafforzare i controlli sui migranti, garantendone l’identificazione. da parte sua Juncker ha invece avvertito Varsavia che non saranno tollerate defezioni dal programma di ricollocamento: «La Polonia — ha detto — ha l’obbligo di fare quello che il Consiglio ha deciso». I questo quadro per l’Unione diventa sempre più decisivo il vertice con la Turchia che si terrà a fine novembre, primi di dicembre a Bruxelles, durate il quale si tornerà a chiedere al presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha fermare i migranti evitando nuove partenze verso l’Europa.
Passati per forza di cose in secondo piano dopo la strage di Parigi, nel frattempo i migranti continuano a decine di migliaia ad affollare i Balcani nonostante le temperature rigide. Nelle ultime 24 ore ne sono arrivati 1.590 in Macedonia e 7.704 in Slovenia.
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