Blitz in Francia e in Belgio caccia agli stragisti in fuga Valls: “Possono colpire usando armi chimiche”

by CARLO BONINI e FABIO TONACCI, la Repubblica | 20 Novembre 2015 18:35

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PARIGI. Ora anche il procuratore di Parigi, Francois Molins lo conferma: Abdelhamid Abaaoud è morto «crivellato di proiettili» nel raid di Saint Denis, all’alba di mercoledì. Era la mente del Venerdì 13, lo psicopatico dell’Is che la Francia cercava inutilmente dal febbraio di quest’anno, dopo la scoperta e lo smantellamento della cellula terroristica belga di Verviers, l’uomo che appena l’8 ottobre scorso i caccia francesi avevano provato a incenerire con missili aria-terra lanciati verso un compound di Raqqa, nel deserto siriano. Era soprattutto — dice ora che è morto – l’architetto di almeno quattro dei sei attentati sventati in Francia dalla primavera dello scorso anno, compreso — ragionevolmente — quello all’alta velocità Amsterdam Parigi.
Abaaoud non era più a Raqqa, dunque. Da mesi. Peggio: «Da almeno il 10 novembre — spiega a
Repubblica una qualificata fonte investigativa francese — era a Saint Denis, e la notte del venerdì 13 era vicino ai luoghi degli attentati, per osservarli e coordinarli». Di più: come in queste ore i servizi francesi cominciano con sgomento a ricostruire, Abaaoud ha viaggiato più volte tra la Siria, dove era in pieno svolgimento la pianificazione delle stragi ordinate da Al Bagdhadi, e la Francia, passando dalla Turchia e dalla Grecia. Lo ha potuto fare grazie a documenti falsi e travestimenti fisici, per non farsi riconoscere.
Il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve dovrà spiegare, nei prossimi giorni, come tutto questo sia stato possibile. Per ora, con imbarazzo, si limita a svelare che «soltanto il 16 novembre, quattro giorni fa, un servizio di intelligence al di fuori dell’Europa (quello marocchino,
ndr) ci ha segnalato di essere a conoscenza della presenza di Abaaoud in Grecia ». Anche il premier Manuel Valls parla. Ma non per rispondere alle domande lasciate inevase dal ministro dell’Interno, ma per alzare ulteriormente l’asticella della paura. «Si può immaginare che terroristi siano ancora attivi. E che possano utilizzare armi chimiche e batteriologiche in futuri attacchi». Aggiunge anche che Salah Abdeslam, l’ultimo dei fuggitivi del commando stragista, è ancora al largo. Non è cioè tra i tre morti del 48 de rue de Corbillon, come pure voci non accreditate e smentite dagli 007 francesi e italiani, avevano sostenuto. «Salah Abdeslam — dice Valls — potrebbe trovarsi ancora in Francia, oppure in Belgio». E infatti, in Francia e in Belgio continuano a cercarlo.
A Charleville, nelle Ardeenne, la Polizia ha fatto irruzione in un appartamento al 54 di rue 11 novembre. Ma era vuoto. Mentre nella vicina Auberviliers una seconda operazione antiterrorismo è stata lanciata alla ricerca dei contatti in zona di Hasna Aitboulahcen, la cugina di Abaaoud, la kamikaze che si è fatta saltare in aria a Saint-Denis durante il blitz di due giorni fa. Allo stesso modo, in Belgio, ieri le forze speciali della Securitè d’etat sono tornate a Molenbeek: sei blitz in cerca di chi, negli ultimi mesi, è stato in contatto con Bilal Hadfi, uno degli attentatori dello Stade de France. Nove, alla fine della giornata le persone arrestate.
Ma la fine di Abaaoud, e la ricerca di Salah, non sono solo e soltanto una faccenda franco-belga. Nelle ultime ore, la procura di Parigi e l’intelligence francese sono tornati a chiedere alla Procura nazionale Antiterrorismo e alle nostre forze di polizia di incrociare le banche dati. Una delle persone fermate ieri era nota ai nostri servizi. Mentre è confermato il transito, l’estate scorsa, di Salah nel Triveneto, a cavallo dei giorni in cui Abaaoud si sposta freneticamente tra Siria, Grecia e Turchia per pianificare l’orrore che deve abbattersi su Parigi di lì a qualche mese.
Una sollecitazione, quella francese, cui la nostra Antiterrorismo riuscirà a dare una risposta compiuta solo quando arriveranno i tabulati telefonici e che arriva in un giorno complicato.
Buona parte dei tre anni di indagine dei carabinieri del Ros e della procura di Roma sono infatti andati in fumo per una decisione o forse — più banalmente — per un errore materiale che di fatto ha portato alla non conferma della misura cautelare per sette delle 17 persone arrestate nella maxi inchiesta Jweb. Il fascicolo era stato trasmesso per competenza alla procura di Trento che però non ha chiesto la conferma dell’arresto per tutti gli indagati. Costringendo, di fatto, il gip a firmarne la scarcerazione: due di loro erano, comunque, irreperibili perché «verosimilmente deceduti in Siria », si legge negli atti. Uno era in Kurdistan, due erano detenuti nelle carceri di Trento e Bolzano, uno si trovava nel Regno Unito e uno in Svizzera. La decisione ha creato smarrimento tra gli investigatori, convinti che l’inchiesta che ha portato all’arresto degli uomini del mullah Krekar, in Italia e in Europa, sia assai solida. «Non vorremmo ripetere il caso Bari », dicono ora. La Corte d’appello pugliese, infatti, assolse nel 2012 dall’accusa di terrorismo Rafael Gendrom, che qualche mese dopo morì combattendo in Siria. E Bassam Ayachi, l’imam di Molenbeek, considerato la guida spirituale dei jihadisti del quartiere di Bruxelles dove è cresciuta la generazione del terrore.
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