PARIGI. «E’ una profanazione, qualcosa di indecente». Bertrand Boulet si occupa da giorni di tenere pulito e in ordine il memoriale sotto alla statua di Marianne, in place de la République. L’altare laico dedicato alle vittime degli attacchi del 13 novembre è stato preso di mira da un piccolo gruppo di individui a volto coperto che ha usato candele, cornici con messaggi e altri oggetti del memoriale come proiettili contro le forze dell’ordine. «Con quale diritto sono venuti a sputare sui nostri morti?» domanda Boulet a cui tocca adesso raccogliere nei sacchi della spazzatura quel che resta della battaglia sulla piazza simbolo di Parigi. Il quartiere colpito dagli attentati due settimane fa ha vissuto così una nuova giornata di tensione, una violenza per molti incomprensibile che si è conclusa con il fermo di oltre duecento persone. È l’epilogo di una domenica che doveva essere di «speranza e solidarietà» come aveva auspicato François Hollande per l’apertura della Conferenza mondiale sul Clima Cop21. Restano invece negli occhi il fumo dei lacrimogeni e una città che continua a essere sotto assedio.
C’è il sole ed è mattina quando Emma Ruby Sachs sta poggiando a terra, insieme ad altri volontari dell’Ong Avaaz, sandali, pantofole, stivali. Una distesa di scarpe in place de la République. Dopo che la marcia delle associazioni è stata annullata dalla Prefettura, a causa della minaccia terrorista che pesa ancora sulla capitale, i militanti ambientalisti hanno voluto testimoniare così la loro mobilitazione per Cop21. «È il nostro modo di rispondere presente» spiega Sachs. Ci sono anche un paio di scarpe di Papa Francesco, di Ban Ki Moon e dell’attrice Marion Cotillard. Poche centinaia di metri più avanti, sul boulevard Voltaire, un gruppo musicale delle Isole del Pacifico si esibisce in una danza tribale in onore delle vittime del Bataclan. Lentamente una lunga catena umana si forma lungo il viale con lo slogan “Stato di emergenza climatico”. E’ una sfida pacifica al divieto di manifestare delle autorità.
Verso l’ora di pranzo la Prefettura segnala cinquemila persone radunate intorno alla piazza, diecimila secondo gli organizzatori. Ma sempre inun’atmosfera festosa, mentre raduni per la Cop21 si svolgono in altri paesi, compresa l’Italia. Nella capitale francese i militanti sono circondati da decine di camion della polizia nelle strade e celerini che guardavano con malcelata disapprovazione l’adunata. Quando il corteo improvvisato tra place de la République e il Bataclan comincia a disperdersi all’ora di pranzo, un piccolo gruppo di incappucciati marcia contro il cordone di agenti gridando: “Stato d’emergenza, stato poliziesco”, “Poliziotti assassini, porci”.
La piazza è avvolta da una nuvola di fumo per i lacrimogeni lanciati dalla polizia mentre i ragazzi incappucciati continuano a gettare oggetti raccolti sul selciato. Alcuni militanti ambientalisti circondano la statua di Marianne, per impedire la devastazione. Il blocco nero viene fischiato dai manifestanti pacifici. «Scegli in quale campo vuoi stare» urla un ragazzo dal volto coperto a Laurène, 19 anni, che fa da scudo davanti al memoriale. Un giovane impedisce a uno degli incappucciati di bruciare una bandiera francese.
«Sapevamo che ci sarebbero stati elementi violenti che non hanno nulla a che vedere con i militanti ambientalisti” ha commentato François Hollande definendo gli scontri “scandalosi”. Una protesta “indegna” secondo Manuel Valls. Il premier è venuto davanti al Bataclan insieme al capo del governo canadese, Justin Trudeau. Altre delegazioni della Cop21 hanno sfilato davanti al teatro e la Cop21 si è aperta ieri con un minuto di silenzio per ricordare le 130 vittime. Agli scontri, durati poco più di un’ora, sono seguite le polemiche. “Il blocco nero è fatto di meno di cento persone” sottolinea Julien Bayou, portavoce dei Verdi.
«Se la manifestazione fosse stata autorizzata – continua le cose sarebbero andate diversamente ». Alcuni militanti presenti accusano gli agenti di aver caricato senza motivo in diversi punti della piazza. I nervi delle forze dell’ordine sono a fior di pelle. E lo stato di emergenza dichiarato da Hollande, che sospende fino a febbraio alcuni diritti, rischia di essere sempre più criticato.
Solo tagliando i rapporti con i potentati teocratici arabi si taglierà la testa al demone dell’Isis: l’Occidente si svegli!
Casalino Pierluigi, 30.11.2015