E’ stato lo stesso Segretario del Consiglio europeo, Thorbjorn Jagland, a rendere nota la comunicazione della Francia. «I provvedimenti presi nel quadro dello stato di emergenza proclamato in seguito agli attentati terroristici su vasta scala – scrive il governo di Parigi – sono suscettibili di richiedere una deroga a certi diritti garantiti» dalla Convenzione firmata a Roma nel 1950. Il testo sul cui rispetto vigila il Consiglio europeo garantisce i principi fondamentali, come il diritto a un processo giusto, il rispetto della vita privata, la libertà di espressione e religione. Tutti diritti che sono pesantemente minacciati negli ultimi quattordici giorni. La Convenzione non prevede sospensione possibile per il divieto di tortura e la riduzione in schiavitù, ma tra le libertà su cui è possibile derogare c’è quella di movimento, il governo può dichiarare il coprifuoco, e quella di manifestare: molti attivisti che vengono per la Cop21 che inizia lunedì in una capitale blindata sono stati perquisiti preventivamente per il timore di disordini. Molti avvocati hanno fatto ricorso contro arresti domiciliari decisi contro cittadini incensurati che non sono mai andati in paesi legati al terrorismo.
La Francia fa appello all’articolo 15 della Convenzione che prevede esplicitamente la sospensione di alcuni diritti in caso di guerra o minaccia per la Nazione. In questo modo, cittadini che si sentono vittima di abusi non potranno ricorrere all’organismo europeo per chiedere un processo contro la Francia. Altri paesi hanno fatto in passato deroghe di questo tipo: la Gran Bretagna dopo gli attacchi del 2001 e l’Ir-landa durante la lotta al terrorismo dell’Ira. Ma nel caso della patria dei Diritti dell’Uomo è una prima assoluta, tanto che il New York Times qualche giorno fa ha titolato un editoriale “Hollande War’s on Liberties”. Lo stato di emergenza è stato dichiarato dal governo per tre mesi, e il premier Valls non esclude di prolungarlo.