Dispiace riconoscerlo, ma da qualche tempo la politica appartiene agli Alieni. Personaggi un po’ strambi, arrivati da chissà quale pianeta, che fanno cose ancora più strambe e anche per questo assurgono a ruoli di grande responsabilità, ma pure di terribile visibilità.
Alcuni sono autentici e spontanei marziani; altri, come si dice, ci fanno. Ma Ignazio Marino – che in pochi mesi ha visto mutare il suo soprannome da “Ignaro” a “Disgrazio” – sbaraglia qualsiasi concorrenza perché incarna entrambe le attitudini ed esprime tutti e due i modelli di comando extraterrestre. Per cui non si capisce mai bene se è davvero così, una via di mezzo tra Forrest Gump e il principe Myskin dell’”Idiota” di Dostoevskij, oppure se fa il furbo – furbetto o furbacchione essendo già una distinzione di secondo grado.
In ogni caso questo sospetto si fa avanti allorché il sindaco, nelle circostanze che meno lo prevedono, ride – cosa che gli accade piuttosto di frequente. Lo fa apposta? Oppure gli viene naturale? E si ritorna al dubbio di partenza.
Inoltre a Roma la faccenda è aggravata dal fatto che i problemi sono tali e tanti da aver generato la credenza che solo un matto può pensare di risolverli. Lungi da ogni diagnosi psichica, tale “follia” è dapprima glorificata, poi esecrata. Adesso nessuno capisce più bene. Sia che parli, sia che stia zitto, Marino suscita una curiosità che fuoriesce dai canoni della politica per inoltrarsi nel mondo delle maschere che restano rigide e impassibili anche quando ridono.
Enumerare le pubbliche stranezze di cui fin dai primissimi giorni egli si è reso protagonista è un gioco francamente troppo facile. Lo zainetto. La bicicletta. La folta scorta dei vigili pedalatori. La prima caduta, con il pantalone strappato. Il piccolo circo sanitario allestito a “Un giorno da pecora”, il sindaco di nuovo in camice bianco e la partecipazione straordinaria di Valeriona Marini.
Quindi l’invenzione, l’ostensione e la vestizione della sciarpa ecumenica, metà della Roma e metà della Lazio. Addirittura la radiofonica promessa di mostrarsi nudo nel caso in cui i giallorossi avessero vinto lo scudetto. E la minaccia di “bloccare” la città se non fosse passato l’ennesimo decreto “salva-Roma”, pure indirizzando la rabbia del popolo verso i potenti “fortunati nelle loro autoblù”.
“Lo vedi, ecco Marino” suona un’innocente canzonetta su una certa sagra dell’uva da festeggiarsi in un omonimo paese dei Castelli romani. L’alieno Marino che i romani si erano scelti sembrava un uomo sinceramente ingenuo e insieme vanitoso – complicato miscuglio – un chirurgo così bravo e di successo da potersi permettere un po’ di spocchia, del genere accademico. Ma le tecniche della più evoluta comunicazione, quelle che trasformano i politici in divi, demoni, esibizionisti e fenomeni da baraccone, devono averlo stravolto. E’ ovviamente arbitrario appigliarsi a questo o a quel segno, ma certo un giorno, era il settembre dell’anno scorso, si è presentato con la barba. Come se volesse nascondersi, ma anche metterci un’altra faccia.
Inutile a questo punto ritornare agli schemi tradizionali e alle vicende della politica – l’odi et amor con Renzi, i ladroni del Pd, le Olimpiadi, l’immondizia, i debiti, l’Ama, l’Atac, le ruspe sui campi rom in vista del Giubileo – quando mute immagini al tempo stesso eloquenti e stranianti accompagnavano l’intero corso amministrativo. Basti pensare all’affollato ritiro della giunta e della maggioranza in un hotel di Tivoli, prove fisiche e di autocoscienza, nella sala ormai deserta si poteva leggere su una lavagna la summa del team building: “Riflettere prima. Distribuzione caratteristiche fisiche. Gestire emozioni. Piegare le ginocchia”.
Come pure alla lunga si è avuta la sensazione che la presenza stessa di Marino calamitasse sorprese di stralunata intensità, scene a loro modo fantasmatiche, vedi la recente intitolazione di una piazza a Martin Lutero, con tanto di sosia ufficiale e germanico del monaco presentatosi in costume con un pupazzetto di Lego in braccio, mentre dietro ai cordoni della polizia i Fratelli d’Italia esprimevano rumorosamente il loro dileggio.
Dalla diffusa iconografia di strada sulla Panda rossa alle foto delle spensierate immersioni caraibiche, dal controverso logo “Rome and you” al titolo della celebre conferenza universitaria americana (“Il trapianto: dalla chirurgia alla rianimazione della Città Eterna”), in un luogo di radicato cinismo, nel mezzo di Mafia Capitale, ma prima della sagra degli scontrini, Marino il Marziano ha trovato il tempo, ma in fondo anche il cuore, di donare del barattoli celebrativi e personalizzati di Nutella agli assessori e ai consiglieri di maggioranza.
Quegli stessi che oggi sono chiamati a privarsi dell’Alieno, vero o fasullo che sia, ma forse proprio per questo destinato a restare, almeno per qualche tempo- anche se del tutto a prescindere dal destino di Roma.