Svizzera, avanti la destra populista Ora controlla un terzo dei seggi

Svizzera, avanti la destra populista Ora controlla un terzo dei seggi

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La Svizzera che vede cambiare il mondo attorno a sé e messi in discussione alcuni dei suoi capisaldi storici, si affida a due destre: quella nazionalista e conservatrice dell’Udc e quella liberale e filo europea rappresentata dal Plr. Sono questi i partiti usciti vincitori dalle elezioni parlamentari tenutesi ieri nella Confederazione. Quando mancano solo poche schede allo spoglio finale e le proiezioni sono univoche, l’Udc prende il 28,6% dei voti e 64 seggi su 200 alla Camera dei deputati, aumentando — pur con un’avanzata in termini percentuali sotto i 2 punti — di 11 parlamentari la sua rappresentanza; i liberali del Plr (18,2%) passano da 28 a 32 deputati. Per avere la mappa definitiva anche della Camera degli Stati (l’equivalente del Senato) occorrerà attendere i ballottaggi delle prossime settimane ma i due rami del Parlamento finiranno per somigliarsi molto.
Il travaso dei voti punisce i partiti di centro e di sinistra: popolari, socialisti e verdi lasciano per strada complessivamente 15 seggi. Pochi i distinguo che emergono da cantone a cantone: i socialisti restano la maggioranza in grandi centri urbani come Zurigo o Basilea, ma cedono il passo al centrodestra nelle altre zone. In Canton Ticino, dove l’afflusso di manodopera a basso costo dall’Italia non si arresta ed è stata uno dei temi centrali della campagna elettorale, l’affermazione del blocco di destra è ancora più forte: qui ai voti di Udc e Plr, si aggiungono quelli della Lega dei Ticinesi, che sono oltre il 21%.
Quale delle due anime della destra impronterà la politica elvetica nei prossimi quattro anni è però ancora un rebus. In base alle legge elettorale, i quattro partiti maggiori entrano a far parte direttamente del governo, composto da 7 membri. L’Udc potrebbe passare da uno a 2 ministri, facendo pesare molto più che in passato la sua linea dentro all’esecutivo.
Gli oltre 8 milioni di cittadini svizzeri sono arrivati all’appuntamento di ieri in un momento molto travagliato della loro storia. Berna ha ceduto dopo anni alle pressioni della comunità internazionale e si appresta a dire addio al segreto bancario;l’opinione pubblica e’ molto allarmata dalla crescita dei flussi migratori, sia quelli per motivi economici (la Svizzera è lo stato europeo col maggior numero di stranieri residenti, il 23%) sia per motivi politici; due anni fa un referendum aveva chiesto l’introduzione di un tetto ai nuovi arrivi, ma gli accordi di libera circolazione che il governo ha sottoscritto con Bruxelles hanno di fatto vanificato la volontà popolare. Malgrado ciò i numeri dell’economia elvetica restano invidiabili, l’economia non è mai caduta in recessione e la disoccupazione supera di poco il 3%.
A questo punto per mantenere la secolare pax elvetica meglio aggrapparsi ai tradizionali valori di neutralità e isolamento o cedere sovranità all’Europa e alla comunità internazionale? Le dichiarazioni a caldo dei leader dei due partiti vincitori lasciano intendere orientamenti opposti. «Il voto dimostra che l’ondata migratoria preoccupa la gente, in Svizzera le problematiche legate ad essa e all’asilo politico non sono risolte» ha detto Toni Brunner, presidente dell’Udc; il partito di maggioranza relativa si è molto ripulito degli accenti xenofobi del passato, ha guadagnato consensi nell’area moderata ma resta critico nei confronti delle aperture all’Europa. Di opinione diversa è Philippe Müller , esponente di punta del Plr: «Noi vogliamo mantenere gli accordi con la Ue, non possiamo metterci contro 500 milioni di persone che vivono attorno a noi».
Claudio Del Frate


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