Siria, dialogo con la Russia per fermare la tragedia dei profughi

by redazione | 15 Ottobre 2015 8:31

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CHE cosa dobbiamo alle persone minacciate da guerra e violenza? Che cosa e quanto possiamo sopportare? Dove sono i limiti massimi che non possono essere superati? Ciascuna di queste tre domande è legittima. Quando tuttavia il dibattito si svolge soltanto tra le affermazioni esasperate dai media “Ce la facciamo” e “La barca è piena”, allora la questione dei rifugiati minaccia di lacerare la nostra società. Abbiamo bisogno di una discussione onesta sulle realistiche possibilità di intervento e sono necessarie alcune precisazioni: è vero, la gran parte delle persone che giungono da noi fugge effettivamente da regioni di guerra, conflitti civili o zone limitrofe. È vero, abbiamo registrato un cospicuo numero di rifugiati provenienti dai Balcani. Costoro non hanno tuttavia alcuna chance di vedersi riconosciuto il diritto di asilo. Devono far ritorno rapidamente nei loro Paesi. È vero, nonostante l’esemplare disponibilità ad aiutare dei tedeschi e l’opera straordinaria dei comuni, dobbiamo fare il possibile affinché il numero degli immigrati in Germania torni a diminuire. Poiché nel lungo termine non possiamo accogliere e integrare ogni anno più di un milione di persone. Bisogna ammettere che sui fenomeni migratori non possiamo incidere da soli con le risorse delle politiche interne tedesche e ancor meno senza l’Europa.
Non potremo invertire la tendenza da un giorno all’altro. La Germania ha agito, alleviando il peso sopportato da Länder ed enti locali. Con il pacchetto di misure in materia di asilo abbiamo creato i presupposti per poter aiutare soprattutto chi ha veramente bisogno di protezione, non rinunciando alla nostra cultura dello Stato di diritto insieme ai diritti fondamentali garantiti costituzionalmente.
Ma è chiaro che, allo stesso tempo, dobbiamo lavorare con tenacia e determinazione a soluzioni internazionali e soprattutto europee affinché possa tornare a diminuire la pressione sulla Germania. A tal fine, dobbiamo nuovamente confidare nel fatto che l’egoismo nazionale non porta da nessuna parte, mentre l’azione congiunta è utile a tutti.
La decisione di ripartire 120mila rifugiati all’interno dell’Ue è buona, ma non basta. Abbiamo bisogno di un coefficiente permanente di distribuzione. Abbiamo istituzioni europee funzionanti, che tuttavia non sono preparate all’attuale afflusso di rifugiati. Frontex ha bisogno di più personale per la tutela delle frontiere esterne dell’Ue e dovrebbe essere ampliata e convertita in un’autorità europea per la protezione dei confini. È necessaria un’azione congiunta con la Turchia per la sicurezza delle frontiere nel Mediterraneo orientale. L’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (Easo) è già l’embrione di un’autorità europea per l’asilo. Anche qui servono passi coraggiosi in materia di integrazione. Dobbiamo sostenere la Grecia e l’Italia nell’apertura di “centri europei di registrazione”. Qui tutti i rifugiati in arrivo dovranno essere sistematicamente registrati e poi ripartiti equamente all’interno dell’Ue.
Le soluzioni europee però saranno efficaci soltanto se arriveremo ad accordi con i Paesi chiave nelle vicinanze dell’Europa, soprattutto con la Turchia. La Commissione europea ha proposto in merito un piano d’azione che affiancheremo a un dialogo bilaterale sulle migrazioni.Dobbiamo appoggiare gli stati che stanno attualmente accogliendo gran parte dei rifugiati. Tra questi, oltre alla Turchia, ci sono soprattutto la Giordania e il Libano. A New York siamo riusciti ad aumentare di 1,8 miliardi di dollari i nostri aiuti alle organizzazioni umanitarie internazionali.
Il compito più importante e sostenibile della nostra politica estera rimane quello di fronteggiare l’emergenza profughi laddove ha origine. Pertanto ci adoperiamo con forza a favore di soluzioni politiche per le grandi crisi e i focolai di conflitto in Medio Oriente e Nordafrica. Ciò include anche colloqui con la Russia, che ha agito in modo costruttivo nel raggiungimento dell’accordo sul nucleare con l’Iran. Bisogna impedire che le strutture statali in Siria implodano o esplodano definitivamente e che ancora più persone si mettano in viaggio verso di noi.
È essenziale tener presente che si possono ottenere comprensione e fiducia soltanto prospettando possibilità di intervento realistiche. Per questo abbiamo bisogno di entrambi gli elementi: fiducia e realismo. Solo con la fiducia mobilizziamo le capacità politiche e sociali necessarie per cogliere la grande opportunità dell’integrazione di queste persone. E soltanto con il realismo possiamo mettere in pratica i nostri obiettivi umanitari.
La nostra politica sarà sostenuta nel lungo termine soltanto se non abuseremo troppo della disponibilità della gente nel nostro Paese. E otterremo il consenso delle persone del nostro Paese solo se non le trascureremo e prenderemo sul serio i loro bisogni e problemi reali.
Ci troviamo a un bivio. Da una parte, un continente in cui ci dividono di nuovo barriere, recinzioni ed egoismi nazionali. Dall’altra, un continente che riesce a trovare risposte comuni mediante una politica europea di asilo e una lotta congiunta alle cause della grande fuga. Un continente onesto con se stesso che affronta a mente lucida e senza illusioni questa grande sfida.
Sigmar Gabriel è vicecancelliere tedesco Frank-Walter Steinmeier è ministro degli Esteri tedesco
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