Ma quanto conviene fare la differenziata? Nel 2001, quando solo il 20% della spazzatura veniva selezionata, il costo di ogni tonnellata era di 12 euro ad abitante. Oggi che il tasso di differenziazione ha superato il 42%, il costo del servizio è quasi quadruplicato: 46 euro per tonnellata ad abitante. Secondo i dati Nomisma Energia del 2014, quella del riciclaggio non sembra un’economia di scala. I costi aumentano con il giro d’attività, mentre i ricavi – che coprono solo un quarto dei costi – sono rimasti fissi, o quasi, negli ultimi anni.
L’impennata dei costi è in parte dovuta al porta a porta, sistema adottato per raccogliere il 49% di carta, plastica e vetro. Nel 2007 il dato era solo del 28%, secondo un rapporto di Bain & Company per Federambiente. Il servizio di raccolta a domicilio richiede personale, camion e benzina assai più del singolo compattatore che ingurgita tutto. Uno studio del gruppo Hera sui “Modelli territoriali a confronto” ha calcolato nel 2013 che il porta a porta costa più del triplo rispetto ai cassonetti, anche se garantisce percentuali di differenziazione più alte. Ed è soprattutto grazie a questo metodo che la raccolta di materiali riciclabili è balzata in su nonostante il calo della produzione di spazzatura provocato dalla crisi economica (meno 8% tra il 2007 e il 2012).
Oltre ai costi del porta a porta, il problema di una differenziata molto spinta è la qualità dei rifiuti raccolti. Più si seleziona, più nei sacchetti colorati finiscono materiali spuri o scadenti. E i benefici della differenziata finiscano per diluirsi soprattutto nelle grandi città, dove più difficile è controllare la qualità dei rifiuti riciclabili. «Oltre una certa percentuale di differenziazione, i costi aumentano vertiginosamente», conferma Giovanni Fraquelli, economista dell’Università del Piemonte Orientale e del Cnr di Torino, autore nel 2011 di uno studio sui costi del riciclaggio con Graziano Abrate, Fabrizio Erbetta e Davide Vannoni. «Piccole realtà entro i 200-300 mila abitanti possono raggiungere percentuali del 70% senza enormi aggravi» aggiunge Fraquelli. «Ma se si cerca di spingere oltre la differenziata si incappa in costi insostenibili». I dati di Nomisma Energia confermano l’esistenza di un “confine” oltre il quale non è più conveniente andare. «In Emilia Romagna — spiega il presidente Davide Tabarelli — abbiamo fatto dei tentativi di fare una raccolta differenziata molto spinta, ma questo si è tradotto in maggiori costi, e quindi in aumenti per le bollette, anche del 20%». Abrate e i suoi colleghi sono molto schietti nel considerare un’altra componente di costo per alcuni comuni: la corruzione. “Riducendo il loro livello di corruzione a quello medio del campione — scrivono nello studio The costs of corruption in the italian solid waste industry —
i due più grandi comuni italiani, Milano e Roma, risparmierebbero rispettivamente 10 e 50 milioni di euro all’anno, pari all’8,8% e 14% della spesa per i rifiuti”.
Per Rosanna Laraia, responsabile del servizio rifiuti di Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) il riciclaggio resta comunque un impegno imprescindibile: «È vero che i suoi costi aumentano con la crescita della differenziazione, ma il riuso permette di risparmiare sulla voce delle discariche ». E i benefici ambientali restano importanti anche quando i prodotti da riciclare sono venduti a paesi dall’altra parte del mondo. Secondo l’Epa (l’Environmental Protection Agency americana), il materiale più proficuo da riutilizzare è l’alluminio: riciclarne 500 tonnellate permette di risparmiare 2mila tonnellate di CO2 equivalente (pari a 1.569 auto), seguito da carta e cartone (700 tonnellate) e dalla plastica di tappi e detersivi (192 tonnellate).