Questa miseria ladra si batte con un red­dito di dignità

by redazione | 18 Ottobre 2015 16:30

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Nella giornata mondiale contro la povertà Don Ciotti rilancia la campagna Miseria Ladra per un red­dito di dignità. Aperto un fronte comune con la Caritas e l’alleanza contro le povertà. Rodotà e Landini, intervenuti all’assemblea al teatro Ambra Jovinelli a Roma, critici sulla legge di stabilità

ROMA. Il fatto nuovo regi­strato all’assemblea romana della cam­pa­gna «Mise­ria ladra», tenu­tasi ieri al tea­tro Ambra Jovi­nelli in occa­sione della gior­nata mon­diale con­tro la povertà, è che la Cari­tas e l’Alleanza con­tro la povertà (una rete in cui ci sono anche Cgil-Cisl-Uil) lavo­re­ranno insieme a Libera di Don Ciotti e a tutti i movi­menti pro­mo­tori del «red­dito di dignità» (tra cui la Fiom di Lan­dini e la «coa­li­zione sociale»). Fino ad oggi le ipo­tesi del Red­dito di inclu­sione sociale (Reis), soste­nuto dalla Cari­tas con­tro la povertà asso­luta e quello di red­dito minimo soste­nuto da Libera (e dal Bin, Basic-Income Net­work Ita­lia, già tra i pro­ta­go­ni­sti della rac­colta firme per la pro­po­sta di legge di ini­zia­tiva popo­lare che ha por­tato alla pro­po­sta di legge oggi soste­nuta da Sel in par­la­mento) non hanno dia­lo­gato. All’assemblea di «Mise­ria Ladra» Don Ciotti ha con­fer­mato tale pos­si­bi­lità: «La Cari­tas e l’Alleanza vanno in dire­zione del nostro pro­getto» ha detto. Il vice diret­tore vica­rio della Cari­tas ita­liana Fran­ce­sco Mar­sico ha soste­nuto: «La pro­po­sta di red­dito di dignità costa 14 miliardi di euro all’anno — ha detto — il nostro Reis ne vale 7. Faremo una parte del per­corso insieme, sugli altri 7 miliardi vedremo cosa fare».

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Mau­ri­zio Lan­dini (Fiom) e Don Luigi Ciotti (Libera)

Nel pano­rama della lotta con­tro la povertà, per il diritto a una tutela uni­ver­sale con­tro la disoc­cu­pa­zione e il ricatto del lavoro pre­ca­rio, si tratta di una novità di grande spes­sore poli­tico. Unire nello stesso per­corso le 1600 asso­cia­zioni anti­ma­fia coor­di­nate da Libera e dal Gruppo Abele alle reti della Cari­tas, senza dimen­ti­care i par­titi, le asso­cia­zioni e i movi­menti sociali che sosten­gono la pro­po­sta del red­dito minimo, signi­fica creare un fronte unico. La noti­zia avrebbe potuto diven­tare una novità poli­tica se si fosse tenuta la mani­fe­sta­zione nazio­nale con­tro la povertà e per il red­dito ori­gi­na­ria­mente annun­ciata dalla «coa­li­zione sociale» e da Libera. Le ragioni per cui non è stata orga­niz­zata non sono note uffi­cial­mente. Uffi­cio­sa­mente, si parla di dis­sidi interni non meglio spe­ci­fi­cati e idee diverse sull’opportunità di orga­niz­zare un cor­teo a Roma in que­sto momento. Una situa­zione di stallo che inde­bo­li­sce il grande lavoro poli­tico e cul­tu­rale svolto in que­sti anni.

Il sen­tore di una svolta che ha por­tato a con­si­de­rare in maniera coor­di­nata un’iniziativa con­tro la povertà asso­luta e un’altra a favore del red­dito minimo era stato già avver­tito quando la Cari­tas ha valu­tato posi­ti­va­mente l’iniziativa del Movi­mento 5 Stelle sul «red­dito di cit­ta­di­nanza». In realtà si tratta di un red­dito minimo che pre­senta tra l’altro seri rischi di una deriva «work­fa­ri­sta», come del resto tutte le ipo­tesi di red­dito minimo quando non rien­trano in una rigo­rosa poli­tica attiva attenta ai diritti della per­sona e non inteso come un sus­si­dio ai disoc­cu­pati in cam­bio di un lavoro social­mente utile o una for­ma­zione astratta e obbligatoria.

Ad avere creato le con­di­zioni della svolta è stato l’atteggiamento del governo Renzi che nella legge di sta­bi­lità ha deciso si stan­ziare con­tro la povertà solo 600 milioni di euro nel 2016 che aumen­te­ranno a 1 miliardo nel 2017 e 2018. Si apre inol­tre alla pos­si­bi­lità di finan­zia­mento delle fon­da­zioni ban­ca­rie. Sono misure esi­gue, oltre che ambi­gue, che con­fon­dono il pub­blico con il pri­vato, la finanza con il wel­fare, interni a un’impostazione neoliberista.

Le cri­ti­cità della poli­tica sociale e fiscale del governo sono emerse in tutti i 25 inter­venti all’assemblea di «Mise­ria ladra». Don Ciotti ha pole­miz­zato con Renzi sul fatto che il « red­dito di dignità» «non è ele­mo­sina, ma giu­sti­zia sociale», «non è assi­sten­zia­li­smo, ma un inve­sti­mento sulla spe­ranza». «Le poli­ti­che sociali non sono un lusso». Vibrante è stato l’intervento del giu­ri­sta Ste­fano Rodotà che dal palco dell’Ambra Jovi­nelli ha pre­ci­sato che una misura come il red­dito minimo (per non par­lare di quello di cit­ta­di­nanza) è coe­rente con l’articolo 36 della Costi­tu­zione sulla dignità della per­sona. Que­sta è l’unica rispo­sta a Renzi che ha defi­nito «inco­sti­tu­zio­nale» il red­dito solo per stig­ma­tiz­zare, alla sua maniera, la pro­po­sta dei Cin­que Stelle, oppo­nen­dola a una visione «lavo­ri­sta» della Costi­tu­zione. Il red­dito di cit­ta­di­nanza è un’erogazione incon­di­zio­nata di red­dito a tutti i resi­denti, non vin­co­lata alla for­ma­zione e al lavoro come accade nel caso del red­dito minimo.

«Renzi dice che Bru­xel­les non deve sta­bi­lire le nostre scelte eco­no­mi­che — ha pro­se­guito Rodotà — È vero, ma se Renzi avesse detto lo stesso per la Gre­cia ridotta a un pro­tet­to­rato e costretta a fir­mare il memo­ran­dum l’Europa oggi sarebbe diversa». Rodotà ha infine sol­le­ci­tato a pre­pa­rarsi per la bat­ta­glia refe­ren­da­ria sul refe­ren­dum costi­tu­zio­nale. Lan­dini ha defi­nito la legge di sta­bi­lità «un’occasione man­cata» per le poli­ti­che di cre­scita, men­tre il taglio dell’Imu-Tasi «aumenta le dise­gua­glianze» «Renzi intro­duce l’idea che chi ha la prima casa non paga nulla, men­tre in Ita­lia c’è gente che non arriva a 500 euro al mese». Per il segre­ta­rio della Fiom sono que­ste le ragioni che «ren­dono la pro­po­sta di coa­li­zione sociale ancora più forte».

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