Al gelo e sotto la pioggia battente, migliaia di profughi in Serbia e in Croazia camminano nel fango con i sandali aperti, ma i confini europei diventano più difficili da varcare. E sull’altro fronte, quello di Calais, si raddoppia il numero dei migranti in attesa e le autorità bloccano il Tunnel.
La situazione nei Balcani è ogni giorno più grave, stretta nella morsa del peggioramento climatico e politico. Mentre l’Ungheria brinda al successo della sua «barriera difensiva » di filo spinato anti profugo, centinaia di persone in fuga dalla guerra sono rimaste ore intrappolate tra le guardie di frontiera slovene e croate, in un limbo surreale tra i primi che non permettevano il passaggio e i secondi che non consentivano il dietrofront.
In Ungheria, intanto, la destra xenofoba vola nei sondaggi: Fidesz, il partito del premier Orbán, è accreditato del 44%, e con gli estremisti neonazisti di Jobbik al 24% l’Ungheria nera raggiunge un inquietante 68%. È che «la barriera difensiva funziona, non ci sono praticamente più profughi nel Paese», annuncia al Parlamento il ministro degli Esteri, Peter Szijjarto: «Domenica la polizia ha fermato solo 41 “clandestini». E se l’Ungheria ha chiuso le porte e la Bulgaria ha addirittura usato le armi contro i rifugiati, l’onda sempre più precaria e male attrezzata per l’autunno rigido europeo si indirizza, attraverso la Serbia, verso la Croazia; e non potendo più entrare neanche da lì in Ungheria si dirige verso la Slovenia per poi raggiungere l’Austria e la destinazione finale, quasi sempre in Germania o nel Nord Europa. Ma con la Germania che rallenta l’accoglienza, l’Austria contingenta gli ingressi e i vasi comunicanti trasferiscono il problema altrove: annunciando che limiterà l’accesso a 2.500 profughi al giorno, Lubiana ha fermato il treno con 1.800 rifugiati che aveva passato il confine croato: ingresso consentito solo ai 500 «più vulnerabili», ma la Croazia si rifiutava di riprendersi i respinti. La situazione è peggiorata con l’arrivo di un nuovo treno e decine di bus, ma alla fine le porte si sono riaperte. In Serbia l’odissea del popolo dei rifugiati entrati dalla Macedonia raggiunge Berkasovo, al confine croato, finendo in un campo gigantesco e inadeguato. Anch’esso svuotato ieri sera all’improvviso quando la Croazia ha riaperto la frontiera, ma il problema si ricrea ogni giorno.