Migranti, sì della Ue alla flessibilità sul deficit Via libera alla manovra

Migranti, sì della Ue alla flessibilità sul deficit Via libera alla manovra

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Era il segnale in codice che tutti aspettavano, Jean-Claude Juncker lo aveva promesso a Matteo Renzi e al Cancelliere austriaco Werner Faymann come prova del suo impegno politico sui rifugiati. Le parole che il presidente della Commissione ha pronunciato di fronte al Parlamento europeo sulla possibilità di concedere flessibilità aggiuntiva sui conti per compensare i governi delle spese sostenute nella gestione dell’emergenza migranti, per l’Italia possono valere dagli 1,6 ai 3,3 miliardi. Ma la partita per arrivare a questo risultato è stata complessa e ancora oggi tutt’altro che chiusa. Se fino alla scorsa settimana Bruxelles sul bonus sui migranti si nascondeva dietro la formula «sarà valutata Paese per Paese», ieri a Strasburgo Juncker è andato oltre assicurando che la Commissione «applicherà la flessibilità per i rifugiati perché siamo in una situazione eccezionale». Un piccolo passo avanti lessicale decisivo nella battaglia aperta dai governi di Italia e Austria, peraltro fino a pochi giorni fa pessimisti sulla possibilità di vittoria. Ora invece c’è la certezza che la clausola sarà applicata.
Renzi, in viaggio in Sud America, da Bogotà non ha commentato direttamente l’apertura di Juncker, limitandosi a ricordare che «noi italiani ogni giorno facciamo uscire le navi per salvare migliaia di persone, forse perderemo voti ma così salviamo l’idea di Italia». Come dire, a questo punto è chiaro che se Bruxelles allarga le maglie del risanamento in favore di chi si impegna a tamponare la crisi migranti, l’Italia è in prima fila per beneficiare dello sconto sul deficit.
Una certezza arrivata solo nelle ultime 48 ore, ma ora si combatte sulla quantità dello sconto. Il governo nella Legge di Stabilità per i migranti chiedeva 3,3 miliardi di flessibilità per il 2016, pari allo 0,2% di deficit aggiuntivo. La manovra, sulla quale Bruxelles si esprimerà a metà novembre, porta il deficit dal 2,6% del 2015 al 2,2%, con uno sconto di 13 miliardi sul risanamento visto che lo scorso anno l’Italia aveva concordato con l’Europa un disavanzo 2016 all’1,4%. Lo sconto dello 0,4%, deficit all’1,8, è già stato formalmente concesso la scorsa primavera. Poi Renzi e Padoan hanno chiesto ulteriore flessibilità per le riforme (0,1%) e per gli investimenti (0,3%). Nei contatti informali tra Roma e Bruxelles è arrivato il via libera all’operazione, che concede a Roma 13 miliardi di deficit con i quali finanziare la manovra e in particolare il taglio delle tasse sulla casa.
Una promozione, che sarà formalizzata a metà del prossimo mese, all’inizio tutt’altro che scontata. Basti pensare che venerdì scorso – rigorosamente dietro le quinte – si è andati a un passo dallo scontro frontale tra Europa e Italia. I governi di centrodestra hanno reagito duramente all’intenzione del commissario agli Affari economici, il socialista francese Pierre Moscovici, di mettere in mora il Portogallo, dove il popolare Pedro Passo Coehlo è uscito azzoppato dalle elezioni del 4 ottobre e non ha ancora inviato la Legge di stabilità a Bruxelles. La reazione dei leader e dei commissari di centrodestra all’intenzione di Moscovici, potenzialmente letale per Coelho e in grado di spalancare le porte di Lisbona alla sinistra, è stata talmente veemente che come ritorsione gli uffici di Juncker avevano preparato due lettere di bocciatura delle manovre di Italia e Francia. Un drammatico giro di telefonate nella notte tra Bruxelles, Roma e Parigi ha evitato il peggio, con lo stesso Juncker che ha bloccato l’escalation invitando tutti a darsi una calmata.
Quindi, sempre tramite canali riservati, i messaggi distensivi sul via libera alla finanziaria italiana ma con il chiaro avvertimento che Portogallo e Spagna, dove Rajoy il 20 dicembre si gioca la Moncloa, devono essere lasciati in pace.
Poi, appunto, l’apertura sui migranti, anche in questo caso dettata da ragioni politiche: in Austria la Grande Coalizione tra cristianodemocratici e socialisti vacilla, con il Paese che potrebbe sbandare verso la destra estrema dell’Fpö. Anche in questo caso Berlino – dove la Merkel non vuole una sterzata estremista di Vienna che potrebbe aprire la strada a una radicalizzazione in Germania – e i popolari all’interno della Commissione di Juncker sono andati in soccorso di Vienna, spingendo Bruxelles ad aprire alla flessibilità sui migranti.
Risultato ottenuto? Sì, ma non ancora del tutto. Mentre a Roma già si brindava al successo, in effetti la clausola ci sarà, da Bruxelles hanno mandato un messaggio criptato a Palazzo Chigi e al Tesoro: per definire l’impatto della flessibilità sui migranti si calcoleranno le spese sostenute dall’aprile 2015, non dal 2014. In pratica se il governo calcolava per il 2016 un incremento di 3,3 miliardi nei costi per gestire i flussi migratori rispetto agli anni scorsi, ora il delta per il calcolo si restringe e parte da un periodo già di emergenza. Con il risultato che per l’Italia, ma non per i paesi del Nord investiti dai flussi solo da pochi mesi, il bonus potrebbe ridursi a poche centinaia di milioni di euro. I negoziati dunque proseguono e inizia ad affacciarsi una soluzione più vantaggiosa: Bruxelles potrebbe riconoscere a Roma tutta la flessibilità sui rifugiati, ma limare dello 0,1% quella sugli investimenti. Il deficit potrebbe così salire dal 2,2 al 2,3%, 1,6 miliardi con i quali Renzi potrebbe anticipare parte del taglio Ires o il piano di edilizia scolastica. I prossimi giorni saranno cruciali ma intanto l’Italia può considerare la sua manovra espansiva promossa, risultato impensabile ai tempi del rigore selvaggio.


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