Sono ore decisive all’Onu per la partita Libia. A New York ieri sono arrivate le delegazioni dei parlamenti di Tobruk e di Tripoli assieme ai rappresentanti indipendenti che partecipano al negoziato messo in piedi dall’inviato speciale Bernardino León. Non è per nulla sicuro che un accordo per un governo nazionale sia firmato entro la data del 20 ottobre (giorno in cui scade il parlamento di Tobruk). Eppure mentre il negoziato di pace entra nel miglio finale, paradossalmente una cosa soltanto appare sicura: entro il 20 ottobre lo spagnolo Leon, l’inviato che in più di un anno ha letteralmente creato e tenuto in piedi il processo di pacificazione, verrà sostituito dall’attuale rappresentante Onu in Congo, il tedesco Martin Kobler. Alcuni paesi a mezza voce avevano obiettato a Ban Ki-moon che non aveva senso sostituire León adesso, a metà del guado; ma i riti e le liturgie dell’Onu hanno prevalso. Ad occuparsi del negoziato in una fase cruciale arriverà un altro diplomatico che non è mai stato a Tripoli, ma mette d’accordo i capi del Palazzo di Vetro.
«Kobler ha una grande esperienza ma non ha nessuna conoscenza di Libia», dice un diplomatico internazionale che da mesi segue il processo, «e questa è una fase così caotica, in cui anche i più onesti dei libici giocano alle tre carte magari per miserabili interessi personali, ma contribuendo a rafforzare il caos nel negoziato». Un’ipotesi molto pratica era che León potesse rimanere come “inviato speciale” e coordinatore della mediazione, mentre Kobler avrebbe assunto inizialmente solo l’incarico di capo della missione Unsmil a Tripoli, col compito di riaprire l’ambasciata Onu nella capitale e rinforzare un’ambasciata “nomade” che in questi mesi si era aggirata fra Tunisi, Casablanca, Ginevra senza riuscire a radicarsi in Libia viste le condizioni di assoluta insicurezza.
L’Italia ha dato il suo assenso alla nomina di Kobler, anche perché non aveva un nome alternativo: d’altronde la stessa ricerca per sostituire l’inviato italiano in Libia, Giuseppe Buccino, era durata da febbraio a luglio, mesi in cui l’incarico era rimasto scoperto. Adesso Roma, e lo ha detto apertamente Renzi nel suo intervento alle Nazioni Unite, punta ad avere il comando militare di una possibile missione Onu di stabilizzazione. Ma non ci sarà missione militare senza governo di unità nazionale, e un accordo appare ancora molto difficile. E tra l’altro Kobler, che in Congo sovrintende a una missione Onu con 20mila soldati, avrà anche il controllo politico dell’eventuale contingente militare in Libia.
Altro fronte delicato per la diplomazia italiana in queste ore è quello siriano: a New York si è ripresentato lo spettro del “5+1”, ovvero il format in cui i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania hanno negoziato con l’Iran sul nucleare. La conferma di un format politico strategico per il Mediterraneo, dal quale 10 anni fa l’Italia si auto-escluse per decisione del governo Berlusconi e dal quale ancora rimane fuori.