La Nato prepara altre guerre

by redazione | 3 Ottobre 2015 10:20

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Prende il via oggi in Ita­lia, Spa­gna e Por­to­gallo, dopo due anni di pre­pa­ra­zione, la Tri­dent Junc­ture 2015 (TJ15), una delle più grandi eser­ci­ta­zioni Nato. Vi par­te­ci­pano oltre 230 unità ter­re­stri, aeree e navali e forze per le ope­ra­zioni spe­ciali di 28 paesi alleati e 7 part­ner, con 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra, anzi­tutto cac­cia­bom­bar­dieri a duplice capa­cità con­ven­zio­nale e nucleare.

La prima fase (3–16 otto­bre) testerà la capa­cità stra­te­gica e ope­ra­tiva dei comandi Nato; la seconda (21 ottobre-6 novem­bre) si svol­gerà «dal vivo» con l’impiego delle unità mili­tari. La TJ15, annun­cia un comu­ni­cato uffi­ciale, «dimo­strerà il nuovo accre­sciuto livello di ambi­zione della Nato nel con­durre la moderna guerra con­giunta». Dimo­strerà in par­ti­co­lare «la capa­cità della Forza di rispo­sta della Nato nel pia­ni­fi­care, pre­pa­rare, dispie­gare e soste­nere forze nelle ope­ra­zioni di rispo­sta alle crisi non pre­vi­ste dall’articolo 5, al di fuori del ter­ri­to­rio dell’Alleanza».

Quale sia il rag­gio d’azione della «Grande Nato», che dal Nord Atlan­tico è arri­vata sulle mon­ta­gne afghane e mira oltre, lo dimo­stra il fatto che alla Tri­dent Junc­ture 2015 par­te­cipa l’Australia. Signi­fi­ca­tivo è che vi prenda parte anche l’Ucraina, paese che la Nato sta ormai incor­po­rando, dopo essersi estesa a sette paesi dell’ex Patto di Var­sa­via, tre dell’ex Urss e due della ex Jugo­sla­via (demo­lita con la guerra nel 1999). Gli altri paesi non-Nato par­te­ci­panti alla TJ15 sono Austria, Sve­zia, Fin­lan­dia, Bosnia-Erzegovina e Mace­do­nia. Nell’esercitazione, la Nato coin­volge alcune orga­niz­za­zioni e agen­zie inter­na­zio­nali (come la Croce Rossa e la Usaid). Si sco­pre così una «Nato uma­ni­ta­ria», impe­gnata nel «man­te­ni­mento della pace»: il segre­ta­rio gene­rale Stol­ten­berg, il 28 set­tem­bre a New York, ha assi­cu­rato che «la Nato è pronta ad appog­giare le Nazioni Unite per ren­dere le sue ope­ra­zioni di pea­ce­kee­ping più sicure ed efficaci».

Coin­volta la Ue

Par­te­cipa alla prima fase della TJ15 anche l’Unione euro­pea. Il coin­vol­gi­mento della Ue nella grande eser­ci­ta­zione di guerra della Nato riporta in primo piano la que­stione poli­tica di fondo. L’art. 42 del Trat­tato sull’Unione euro­pea sta­bi­li­sce che «la poli­tica dell’Unione rispetta gli obbli­ghi di alcuni Stati mem­bri, i quali riten­gono che la loro difesa comune si rea­lizzi tra­mite l’Organizzazione del Trat­tato del Nord Atlan­tico». Poi­ché sono mem­bri della Alleanza 22 dei 28 paesi dell’Unione euro­pea, è evi­dente il pre­do­mi­nio della Nato.

Inol­tre, il pro­to­collo n. 10 sulla coo­pe­ra­zione isti­tuita dall’art. 42 sot­to­li­nea che la Nato «resta il fon­da­mento della difesa col­let­tiva» della Ue, e che «un ruolo più forte dell’Unione in mate­ria di sicu­rezza e di difesa con­tri­buirà alla vita­lità di un’Alleanza atlan­tica rin­no­vata». Rin­no­vata sì, ma rigi­da­mente anco­rata alla vec­chia gerar­chia: il Coman­dante supremo alleato in Europa è sem­pre nomi­nato dal pre­si­dente degli Stati uniti e sono in mano agli Usa tutti gli altri comandi chiave.

Tra­mite la Nato, al cui interno i governi dell’Est sono legati più a Washing­ton che a Bru­xel­les, gli Usa influi­scono non solo sulla poli­tica estera e mili­tare della Ue, ma com­ples­si­va­mente sui suoi indi­rizzi poli­tici ed eco­no­mici. Sono così riu­sciti a tra­sfor­mare l’Europa in prima linea di una nuova guerra fredda, che si sta allar­gando alla regione Asia/Pacifico, con­ti­nuando allo spesso tempo a usarla come ponte di lan­cio delle ope­ra­zioni mili­tari Usa/Nato in Medio­riente e Africa. Con la col­la­bo­ra­zione delle oli­gar­chie poli­ti­che ed eco­no­mi­che euro­pee che, pur in con­cor­renza con quelle sta­tu­ni­tensi e anche l’una con l’altra, con­ver­gono (pur a dif­fe­renti livelli) quando si tratta di difen­dere l’«ordine eco­no­mico mon­diale» domi­nato dall’Occidente, oggi messo in discus­sione dai Brics e altri paesi emergenti.

La fedeltà italiana

In tale qua­dro l’Italia con­ti­nua a distin­guersi per la sua subal­ter­nità agli Stati uniti e quindi per la sua «fedeltà atlan­tica». Riguardo alla Tri­dent Junc­ture 2015, comu­nica il governo, «sin dal 2013 l’Italia aveva anti­ci­pato all’Alleanza una prima offerta di assetti, basi e poli­goni»: il cen­tro di Pog­gio Rena­tico (Fer­rara), il primo dive­nuto ope­ra­tivo del nuovo Sistema di comando e con­trollo aereo Nato, che potrà lan­ciare ope­ra­zioni di guerra aerea in un’area di oltre 10 milioni di km qua­drati, dall’Europa orien­tale all’Asia e all’Africa; e, per il dispie­ga­mento delle forze aeree, «le basi di Tra­pani, Deci­mo­mannu, Pra­tica di Mare, Pisa, Amen­dola e Sigo­nella». Par­te­ci­pano alla TJ15 anche le navi impe­gnate nell’esercitazione «Mare Aperto» e unità dell’esercito inviate a Capo Teu­lada (Sar­de­gna), in Spa­gna e Portogallo.

Il governo nega il coin­vol­gi­mento del Joint Force Com­mand di Napoli (con uno staff di 800 mili­tari al quar­tier gene­rale di Lago Patria), in quanto la TJ15 è gui­data dal Joint Force Com­mand di Bruns­sum (Olanda). Scon­fes­sato dalla stessa Nato: il comando Nato di Napoli – diretto dall’ammiraglio Usa Fer­gu­son che è anche coman­dante delle Forze navali Usa in Europa, delle Forze navali Usa del Comando Africa e delle Forze Nato in Kosovo – svolge nel 2015 il ruolo di comando ope­ra­tivo della «Forza di rispo­sta» (40mila effet­tivi) che viene testata nella Tri­dent Juncture.

Nel 2016 il comando pas­serà a Bruns­sum, alter­nan­dosi annual­mente con Napoli.

Con le indu­strie della difesa

Dul­cis in fundo, la Nato annun­cia che ha «invi­tato quest’anno alla Tri­dent Junc­ture, per la prima volta, un gran numero di indu­strie della difesa per­ché, par­te­ci­pando all’esercitazione, tro­vino solu­zioni tec­no­lo­gi­che per acce­le­rare l’innovazione mili­tare». La Tri­dent Junc­ture 2015, il cui costo è segreto ma sicu­ra­mente ammonta a miliardi di dol­lari, pre­para così altre enormi spese per l’acquisto di arma­menti. Il tutto pagato con denaro pub­blico, ossia diret­ta­mente e indi­ret­ta­mente dai cittadini.

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