MOSCA . La prima risposta dell’Is agli attacchi aerei russi è la distruzione di un altro pezzo di quel tesoro archeologico che è l’antica città romana di Palmira nella Siria centrale. L’arco di trionfo che segnava l’ingresso al colonnato della città è andato in mille pezzi per l’esplosione di alcune mine piazzate da tempo dai jihadisti. Una fine decretata probabilmente dagli ultimi blitz che avrebbero costretto circa duemila integralisti afuggire verso la Giordania. L’ennesimo sfregio al patrimonio artistico mondiale avveniva in mattinata mentre gli alti comandi russi avevano a che fare con un’altra grana, più prosaica ma non meno preoccupante. Per quello che la Difesa russa definisce «un banale errore di rotta», 2 dei 30 caccia russi impegnati nei raid ha infatti attraversato lo spazio aereo turco scatenando le proteste e le minacce di Ankara che pure, fino a qualche tempo fa, aveva visto con una certa accondiscendenza l’ingresso militare di Mosca nello scenario siriano. «I caccia russi sono stati seguiti dai nostri f-16, al prossimo incidente ci saranno conseguenze spiacevoli», ha tuonato il premier turco, invocando la solidarietà della Nato puntualmente arrivata in serata. Dal comando Nato è arrivata poi una protesta anche più estesa: «La Russia deve immediatamente sospendere i suoi attacchi contro gli oppositori del regime di Assad e la popolazione civile ». Il nodo della questione è infatti tutto lì: quali sono i reali bersagli dell’aviazione di Mosca? Servizi segreti occidentali e oppositori siriani filo americani sostengono che Mosca vuole solo rafforzare il ruolo del presidente Assad. I russi continuano a smentire. Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha addirittura proposto, come prova di buona fede, di entrare in contatto con l’Esercito di Liberazione della Siria, finanziato da Washington e che sarebbe stato vittima di molti bombardamenti russi: «Fateci mettere in contatto con loro. Nessuno ci ha mai detto dove operano. Sono gruppi fantasma». Ma il problema è fidarsi, Washington ha sempre tenuto riservate le informazioni sugli oppositori, temendo ritorsioni dei governativi. Tanto più che la situazione sul terreno potrebbe peggiorare. Un alto ufficiale di Mosca dice di «non escludere» che volontari russi possano entrare presto in azione sul terreno. Sono in molti a scalpitare, a cominciare dalle brigate cecene già scatenate in Crimea e nell’Ucraina dell’Est.