Jobs Act, nove milioni di vou­cher in un solo mese

by redazione | 13 Ottobre 2015 8:28

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I dati Inps. In agosto i “buoni” della precarietà sono cresciuti a dismisura. In aumento anche i contratti a tempo indeterminato, ma la maggior parte sono trasformazioni e non nuove attivazioni. E la percentuale resta comunque bassa: al 15%

L’aggiornamento dei dati sui con­tratti di lavoro for­nito ieri dall’Inps, nel rap­porto men­sile dell’Osservatorio sul pre­ca­riato, non desta nes­suna sor­presa, né entu­sia­smi di sorta. Il con­tratto a tempo deter­mi­nato rimane il con­tratto subor­di­nato pre­fe­rito, men­tre per il lavoro non subor­di­nato impaz­zano i voucher.

Quando si parla di Jobs Act, è neces­sa­rio fare rife­ri­mento anche alle altre tipo­lo­gie con­trat­tuali libe­ra­liz­zate e di cui abbiamo aggior­na­menti grazi ai dati ammi­ni­stra­tivi dell’Inps: i vou­cher in par­ti­co­lare. Tra gen­naio ed ago­sto 2015, ne sono stati ven­duti oltre set­tan­tuno milioni. Nel solo mese di ago­sto ven­duti 9 milioni 182.760 mila un dato incon­tro­ver­ti­bile che spiega a chiare cifre che il pre­ca­riato in Ita­lia avanza, men­tre il governo fa volon­ta­ria­mente finta di non veder, così come ignora le disu­gua­glianze eco­no­mi­che e sociali che il lavoro povero tende a inasprire.

Prima di ana­liz­zare i dati, va tenuto a mente che a par­tire dal mese di giu­gno, l’Inps ha pro­ce­duto a una modi­fica del campo di osser­va­zione, per­tanto «i dati non sono com­pa­ra­bili con quelli pub­bli­cati nei report dei mesi pre­ce­denti», nono­stante sia l’Inps stesso a pub­bli­care i con­fronti con gli anni pre­ce­denti, senza indi­care se le serie sto­ri­che siano state o meno omo­ge­niz­zate per intero usando la nuova meto­do­lo­gia. Il rischio, ormai evi­dente, è l’impossibilità di una valu­ta­zione nel tempo del mer­cato del lavoro, a meno di non voler asser­vire l’analisi alla propaganda.

A ogni modo, guar­dando ai dati rela­tivi ai primi otto mesi del 2015 emerge che tra gen­naio ed ago­sto del 2015, sono stati avviati 600.858 nuovi con­tratti al netto delle ces­sa­zioni inter­ve­nute nel periodo. «Con il lin­guag­gio incon­te­sta­bile dei numeri», volendo citare gli espo­nenti del Pd, il pre­ca­riato in Ita­lia gode di ottima salute. Infatti, i nuovi con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato al netto delle ces­sa­zioni sono 91.633. Il Nord Est è l’unica macro area in cui il saldo risulta negativo.

Guar­dando alla com­po­si­zione totale dei con­tratti, si nota che i nuovi con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato sono solo il 15%, quelli a ter­mine rap­pre­sen­tano il 77%, men­tre la restante parte, il 7% si rife­ri­sce all’apprendistato. Dati che inclu­dono anche i con­tratti dovuti alla Garan­zia Gio­vani che non mostra nes­suna reale garan­zia di con­ti­nuità lavorativa.

Un ulte­riore det­ta­glio, limi­tato alle nuove atti­va­zioni su tutti i tipi di con­tratto, riguarda la tipo­lo­gia ora­ria dei nuovi rap­porti di lavoro, il 36% sono con­tratti di tipo part-time, quota che rag­giunge il 40% per le nuove assun­zioni a tempo inde­ter­mi­nato. Intanto, le cosid­dette sta­bi­liz­za­zioni, cioè le tra­sfor­ma­zioni di con­tratti a ter­mine e di appren­di­stato in con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato sono 331.792: meno di un quarto del totale dei con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato sono rap­porti di lavoro ex-novo.

È inol­tre inte­res­sante notare che pro­prio il numero di tra­sfor­ma­zioni subi­sce un aggior­na­mento meto­do­lo­gico per cui è impos­si­bile con­fron­tare le tra­sfor­ma­zioni ad ago­sto con quelle di luglio: come espres­sa­mente indi­cato dall’Inps, «ciò ha com­por­tato rispetto ai dati pub­bli­cati con l’aggiornamento di luglio 2015, la varia­zione in dimi­nu­zione delle tra­sfor­ma­zioni a tempo indeterminato».

L’evidenza che l’effetto Jobs Act unito agli sgravi dimi­nui­sca mese dopo mese è evi­dente guar­dando la quota delle atti­va­zioni (com­prese le tra­sfor­ma­zioni) a tempo inde­ter­mi­nato sul totale delle atti­va­zioni rispetto ai mesi pre­ce­denti: se fino a marzo que­ste costi­tui­vano circa il 43%, nei mesi suc­ces­sivi la quota è costan­te­mente dimi­nuita, fino al 33%. Un dato che la dice lunga anche sul ruolo pre­pon­de­rante degli sgravi fiscali rispetto al nuovo con­tratto a tutele crescenti.

Tut­ta­via, poi­ché non esi­ste nes­suna infor­ma­zione circa le imprese che in que­sti primi 8 mesi hanno atti­vato, ces­sato e tra­sfor­mato con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato, è impos­si­bile appro­fon­dire l’analisi anche solo descrit­tiva e avere un qua­dro più robu­sto per capire quanto gli sgravi abbiano inciso sull’andamento dei con­tratti. Quel che cono­sciamo è il costo di que­sta riforma, che ha rag­giunto quasi 2 miliardi di euro di sgravi, quasi ven­ti­mila euro per cia­scun nuovo con­tratto a tempo indeterminato.

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